venerdì 25 agosto 2017

Lombarda - Bonette - Maddalena

Torino, 28 agosto 2017 - nuoto 97.6 km, bici 4126 km, corsa 948 km

Sono appena tornato da una settimana ad Embrun, in mezzo agli Ironman, o meglio, in mezzo agli Embrunman.
Ho partecipato al triathlon olimpico e mi sono allenato.
L'Elbaman si avvicina inesorabile e dalla pancia sale l'ansia..


Vinadio - Lombada - Bonette - Maddalena - Vinadio

12 luglio 2017.
Appena finito il Giro, ora tocca al Tour. Le imprese dei pro e le salite di Aru ci gasano e ci suggeriscono grandi imprese.
Progetto Bonette. Il colle transitabile più alto d'Europa, prima la Lombarda e per finire la Maddalena

salita al Col della Lombarda
Ore 4.00, suona la sveglia. Mi hanno scacciato dal lettone e sono in quello di mia figlia (mi hanno messo lì un po' per punizione, un po' per non disturbare la famiglia dato il risveglio prematuro).. Orario e cambiamento della stanza mi disorientano un po', ma dopo pochi secondi realizzo: è il giorno della grande impresa. La follia chiama, si va!
Una breve colazione poi raccolgo lo zaino e quanto ho già preparato la sera prima. La bici è già caricata in macchina. Credo di avere preso tutto, credo.

Alle 5 e 10 aspetto sotto casa di Maurizio. Per lui è un orario normale perchè in genere a quest'ora apre l'edicola.

Alle 5 e 30 arriviamo a casa di Alessio. Ci aspetta all'angolo. Se non fosse per la bicicletta sembrerebbe stia battendo..

Chiaccheriamo fino a Vinadio, dove arriviamo con 15 minuti di anticipo sulla tabella di marcia. Abbiamo appuntamento alle 7.30 con Angelo che arriva dalle spiagge di  Mentone.
Montiamo le bici, prendiamo un caffè. Angelo telefona per dire che sta arrivando. Pare che sia in un paese a fondo valle. Dopo 45 minuti non è ancora arrivato. Cominciamo a pensare che sia al fondo della valle sbagliata ed è proprio così, sta risalendo un valle diversa.
Aspettiamo frementi. Abbiamo già un'ora di ritardo.
Il giro è lungo e non vogliamo arrivare a casa troppo tardi.

Eccolo, finalmente.

Alle 8.30 siamo in bici.

Qualche centinaio di metri di falsopiano, poi a sinistra in direzione Lombarda.


Andiamo tranquilli. Alla nostra destra, in alto, si vede lo stabilimento termale di Sant'Anna. Ci sembra lontanissimo e altissimo.
Deviamo però a sinistra, verso il colle.
Superiamo in altezza lo stabilimento.
Incrociamo una squadra di professionisti. Scendono a una velocità folle, con l'ammiraglia sulle spalle. Ci salutano.
Poco prima del colle ci fermiamo accanto a un laghetto, per aspettare Alessio e poi Angelo. L'acqua specchia le montagne ed è piena di rane e pesci.

Percorriamo gli ultimi tornanti dimenticandoci come sempre di risparmiare energia. Alessio accelera e noi gli stiamo dietro.
Cavalcavia o grande colle, è sempre un gran premio della montagna e bisogna svettare per primi (o almeno, non ultimi).
Si parte sempre con propositi pacifici ma si finisce poi sempre a fare gara.

Arriviamo in cima al colle. Foto di rito. Ci mettiamo le mantelline perchè anche se non fa freddo tira vento.

Filmo i primi km di discesa con la go-pro.
20 infiniti km a velocità folle.
Attraversiamo alcune gallerie ai 70 km orari al buio e senza poter evitare buche o altri ostacoli. Sono secondi di suspance, ma riusciamo a tornare alla luce vivi.

Marmotta Kamikaze
A metà discesa subiamo il primo attentato terroristico: una marmotta kamikaze ci corre di fianco per qualche metro minacciando di buttarsi sotto alle nostre ruote. Il battito cardiaco accelera ma l'attentato fallisce e riusciamo a procedere senza schiantarci.

A fine discesa una raffica di vento ci travolge, ci sposta di lato e spaventa quel tanto da rinsavire e rallentare un poco.
Ho mal di schiena e le mani non ce la fanno più a sopportare le vibrazioni. Anche la discesa può essere faticosa.

Arriviamo a Isola, in fondo alla valle.
Riempiamo le borracce e imbocchiamo la strada in direzione sud, verso il prossimo colle.

Dovrebbe essere un tratto semplice, in leggera salita ma il vento soffia forte e soprattutto soffia contro. Peggio della salita. Procediamo senza superare i 20 km orari. Una fatica immonda.
Non c'è nulla di peggio del vento.
Imbocchiamo la ciclabile a lato della strada e procediamo a fatica, non vedendo l'ora di riprendere la salita.

A Santo Stefano, ai piedi della Bonette, ci fermiamo a mangiare un panino.
Dopo venti minuti la cameriera che viene a prendere le ordinazioni ci dice di avere finito il pane. Cambiamo bar..

Di nuovo sui pedali.

L'ascesa alla Bonette non è impossibile. Le pendenze non sono proibitive anche se i km sono molti e se nelle gambe abbiamo già il colle precedente.
La strada sale con pochi tornanti, sempre più o meno dritta.

Ci sono poche macchine, molte moto e praticamente nessun ciclista.
L'asfalto è discreto anche se qua e là sono sparse pietre cadute dalla montagna.
Comincio ad avere sete ma le fontane scarseggiano (se ne trova una in un paese che a sinistra salendo, che però si può raggiungere scendendo attraverso un tratto sterrato, piuttosto ripido e un'altra qualche km più su, lungo la strada).

Anche se il proposito è quello di rimanere uniti, come accade sempre, dopo qualche km cominciamo a sgranarci.
Maurizio è quello più in forma e sta sempre davanti, aspettando prima me e poi Alessio.
Angelo chiude il gruppo.

Mollo negli ultimi km, vado in crisi ma devo recuperare. Mangio, bevo e ne approfitto per fare qualche foto.


cima della Bonette
La Bonette è un colle strano. In teoria si concluderebbe a 2715 metri ma, probabilmente per campanilismo o per stabire un nuovo record, hanno allungato il colle con una strada, ad anello che porta fino a 2802 metri sl.

Arrivo al bivio, a 2714m, in cima al colle dove Alessio e Maurizio aspettano da qualche minuto. Fa freddo. Ci mettiamo tutto ciò che abbiamo portato dietro.
Scrutiamo gli ultimi km di strada ma di Angelo non c'è traccia.

Fa troppo freddo e decidiamo di muoverci per scaldarci. Saliamo fino ai 2802. E' un tratto breve ma con delle pendenze che arrivano fino al 18%.
Le solite foto di rito e poi giù, di nuovo al bivio, ad aspettare Angelo.
Troppo vento e freddo. Gli andiamo incontro.

Arrivati nuovamente in cima con Angelo lo convinciamo a non salire fino ai 2800 perchè i minuti passano e non vorremmo arrivare alla macchina con il buio.

Freddo e vento sulla Bonette
Altra lunghissima discesa.
La affronto con più cautela e la trovo meno impegnativa della Lombarda.

Siamo di nuovo a valle, in direzione Colle della Maddalena. Non lo vediamo indicato da nessuna parte. Per un attimo pensiamo di avere sbagliato strada (momento di terrore) poi intuiamo e che in Francia si chiama in un altro modo. Seguiamo le indicazioni per il Col de l'Arche.

Dopo qualche km arriviamo a un bivio: a sinistra il Vars a destra l'Arche.

Si riparte, di nuovo in salita. Un dislivello di circa 900 metri, in circa 19 km.
Saliamo come sempre: cauti all'inizio e senza cognizione negli ultimi km che affrontiamo in gruppo, portando il cuore in alto.
Fine delle salite.

La discesa fino a Vinadio è facile e molto, troppo, veloce.
Ci mettiamo in scia di un ciclista e tocchiamo i 70-74 km orari di velocità massima.

Dopo qualche km subisco un secondo attentato da parte di una marmotta killer. Mi attraversa la strada mentre scendo ai 60 km orari. Non ho nemmeno il tempo di spaventarmi. Passa a un metro dalla mia ruota. Pericolo scampato, per la seconda volta.

I cugini francesi hanno molto rispetto per i ciclisti. Nessuno ci ha mai suonato il claxon, passati in modo rischioso o insultati. Hanno un'educazione stradale molto più alta della nostra. Concludiamo perciò che le marmotte della zona siano sicuramente di origine italiana.

Troviamo ancora l'energia per pedalare e tirarci negli ultimi falsi piani.

Fine. Uno dei giri più belli che abbia mai fatto.


giovedì 20 luglio 2017

Colle delle Finestre e Sestriere

Torino, 20 luglio 2017 - Nuoto 79 km, Bici 3500 km, Corsa 755 km

Susa-Susa (Colle delle Finestre - Sestriere)

Sveglia alle 5 del mattino. Fa un caldo incredibile anche se fuori diluvia. Il rumore del ventilatore è coperto dal frastuono dei tuoni.
Le previsioni meteo però mi confortano: non sono previsti temporali in montagna.
Accendo il cellulare e apro i messaggi. Angelo scrive per annullare l'impresa. E' rimasto impressionato dallo scatenarsi degli elementi.
Bastano due o tre messaggi e lo convinco.

Alle 6 e 30 sono davanti al suo garage. Siamo puntualissimi e alle 7 e 40 ci troviamo in bici.
Una breve colazione nel centro di Susa e poi via, verso Meana e il Colle delle finestre..


Altimetria Colle delle Finestre
Altezza 2178 m. Collega le Val di Susa e del Val Chisone.
Strada costruita per scopi militari, caratterizzata da 8 km di sterrato, percorribili anche con la bici da corsa.

Dal 2005 entrata nelle fantasie malate dei ciclisti, dopo essere stata inclusa nel percorso del Giro di quell'anno.

Affrontiamo la salita da Meana di Susa. Con la bici da corsa non ci sono alternative. Dall'altro lato bisognerebbe affrontare lo sterrato in discesa con il rischio di disintegrare la bici o finire dritti in un o dei tanti tornanti.

Si sale per 11 km fino al Colletto di Meana, dove comincia il tratto sterrato. Sale in modo costante con una pendenza oscillante intorno al 9%. E' una salita relativamente costante, senza nè grosse impennate nè tratti dove riprendere fiato.

Murale per il Giro a Meana
I primi chilometri fino a Meana di Susa (652 m) sono i più duri, con una rampa all’altezza della ferrovia al 14%.
Nel paese ci fermiamo a fotografare il murale dedicato al Giro, passato tre volte da queste parti.

Dopo Meana passiamo dentro un bosco di castagni. Affrontiamo innumerevoli tornanti che ci danno un minimo di supporto psicologico contro la pendenza che non molla mai, rimanendo costante tra il 9 e il 10%.
Ci dobbiamo fermare due volte a scavalcare alberi abbattuti sulla strada dal temporale. Ci rallentano un po' ma ci chiudono il traffico alle spalle. Riusciremo così a percorrere la maggior parte della salita senza essere superati da macchine e motociclisti. Saliamo tranquilli, chiaccherando. E' una salita "pedalabile".
Alberi abbattuti dal temporale

Finita la sequenza dei tornanti, la strada continua a salire al coperto del bosco e dopo un paio di rettilinei si arriva al Colletto di Meana, a quota 1452, dove inizia lo sterrato.
Qui incrociamo un ciclista. Ha una bici da 13 mila euro, tremila in più della macchina che sto per acquistare.
Ripartiamo così chiaccherando di telai, ciclisti e gioiellieri.

Abbiamo finora percorso 11 km di salita e circa 1000 metri di dislivello.
Ora comincia la parte più dura.

Il fondo è discreto, migliore di molte strade mal asfaltate. Le ruote strette della bici da corsa di tanto in tanto fanno fatica e devono evitare sassi, radici, dossi e avvallamenti. La scelta della traiettoria ci distrae un po' dalla fatica delle gambe. 

Intanto, intorno a noi, il paesaggio è cambiato. La valle si è aperta su distese di prati, con il disegno tortuoso delle svolte della strada.

In alto comincia a vedersi il Forte delle Finestre, costruito verso la fine di XIX secolo, a custodire il valico.


Colle delle Finestre
In cima un folla di motociclisti e ciclisti, la maggior parte in mtb, in arrivo dall'Assietta. Tutti attorno alla lapide dedicata a Danilo Di Luca, il primo a passare sul Colle, durante il giro del 2005. Stona un po', considerata la sua squalifica per doping.

Dopo qualche minuti aspetto Angelo.
Prima di lui passano due ciclisti che incroceremo fino a Sestriere. Li vedremo spesso fermi a lato della strada, per problemi meccanici (da Strava scoprirò poi che uno dei due aveva un copertone squarciato.... regalo dello sterrato delle Finestre).

Ora giù, verso la Val Chisone.
Strada asfaltata ma stretta e piuttosto trafficata. Comunque una bella discesa. Planiamo a valle.
Risaliamo la Val Chisone in direzione Sestriere
La salita fino ai 2000 metri del Colle è pedalabile, e senza grosse difficoltà arriviamo in cima.

La discesa fino a Cesana Torinese è facile e molto veloce. La strada è larga e si possono raggiungere delle discrete velocità.
Da Cesana ci portiamo verso Ulzio. Per un po' stiamo in scia di un ciclista con una bici da crono, ma va troppo e dopo qualche km lo lasciamo andare.

Fino a Susa si susseguono una serie di sali scendi che le nostre gambe cominciano a patire.

Bel giro, duro ma non impossibile.
Chiudiamo con 95 km circa e un dislivello di quasi 2400 metri.

lunedì 19 giugno 2017

ciclisti e automobilisti

Torino, nuoto 57.6 km, bici 2947 km, corsa 640 km

L'Elbaman si avvicina inesorabile. Lo stato di forma cresce. I km in bici anche e le gambe sembrano finalmente cominciare a girare.
Con l'estate e la piscina all'aperto sono riuscito a nuotare con più costanza.
Mantengo i km di corsa e tra qualche settimana comincerò ad allenarmi per i "lunghi".


CICLISTI E AUTOMOBILISTI


Michele Scarponi
Di pochi giorni fa la notizia del decesso di Julia, triathleta di 31 anni, agganciata da un camion mentre si allenava in bici. Lo stesso giorno mancava anche Nicky Hyden campione di motociclismo, travolto da una macchina. Da poco deceduto anche Michele Scarponi, ciclista professionista, anche lui ucciso da una macchina, durante un allenamento.
Sono 3 dei tanti... le statistiche riportano più di 200 decessi ogni giorni di ciclisti travolti. Un numero impressionante. Dentro ci sono tutti: professionisti, amatori, ciclisti su strada, in mtb, ciclisti urbani, adulti, bambini e vecchietti con la bicicletta da passeggio.
Julia Viellehner
Mentre pedalo o mentre sono al volante rifletto sulle cause e penso a cosa si dovrebbe fare. Mi metto allora nei panni prima di un automobilista e poi nei pantaloncini da ciclista..


In auto... Cambiare mentalità

7 e 15 del mattino, al semaforo. Mi guardo attorno. Una signora al volante di una monovolume. Ha il finestrino abbassato e fuma nervosa.

Nicky Hyden
Dietro di lei un giovane incravattato guida una macchina sportiva (forse un'Audi). Scatta il verde. La macchina davanti ci mette un decimo di secondo in più a innescare la marcia. La signora della monovolume sbuffa una nuvola di fumo e schiaccia furiosa il claxon. Il giovane incravattato fa la stessa cosa. Non suono ma mi sento fremere.. ho fretta, anch'io.
Abbiamo sempre fretta, tutti. Di mattina, per andare al lavoro, di sera per rientrare a casa, ma anche la domenica mattina, per una gita.
Ormai è una fretta intrinseca, che prescinde dai reali impegni e dalle tabelle di marcia. Basta salire in macchina e ci travolge la smania di andare. Non tolleriamo chi ritarda al semaforo. Non sopportiamo il ritmo del vecchietto con la Uno bianca che, ai 40 all'ora, non ci lascia spazio sulla superstrada, ritardando il nostro incedere di mezzo minuto o anche meno. Impossibile poi tollerare un ciclista. Impensabile stargli dietro per 10 secondi. Va superato subito, che ci sia spazio o meno.
Anche in discesa, anche se scende ai 70 all'ora, va passato.
Così ci infiliamo lasciandogli qualche centimetro sperando che non cambi traiettoria. In discesa lo passiamo per poi sentirci infastiditi se ci rimane a ruota, alla nostra stessa velocità: come osa?

Dovremmo cambiare mentalità. Quando ci sediamo nelle nostre lattine riflettere e calmarci un attimo. Ripeterci che la strada è di tutti: camion, ciclisti, vecchietti al volante, trattori, carretti trainati da muli o pedoni, che non sono certo 20 secondi di ritardo a cambiarci la vita e che per così poco non vale la pena prendersi dei rischi o fare rischiare ad altri.

Non è facile. Applichiamo al volante lo stesso stile di vita stressato che abbiamo in tutto, in tutti i momenti della giornata da quando ci alziamo a quando ci corichiamo.
Non so come si possa cambiare ma senza cambiare stile di vita finiremo per trasformaci in tanti piccoli diavoli della Tasmania, pronti a travolgere tutto e tutti.

Mario, un amico, sostiene che l'aggressività dell'automobilista sia dovuta a una sorta di claustrofobia, una sindrome da intrappolamento dovuta ai pochi metri cubi disponibili in un'automobile. Una sorta di sindrome di cattività, da automobilista in gabbia.
E' una teoria affascinante e credo proprio che ci sia del vero. Probabilmente è la stessa auto a funzionare da catalizzatore nel generare l'aggressività.

In bici... seguire le regole

Salgo in sella. Sono con 4 amici. Cominciamo piano, chiaccherando. Il ritmo è blando perchè i km da fare sono tanti e bisogna risparmiare le forze.
Abbiamo scelto strade poco trafficate ma ci tocca comunque percorrere tratti di statale.
Siamo in fila ma di tanto in tanto ci diamo il cambio.
Ci facciamo prendere la mano. Acceleriamo. Ora viaggiamo a poco meno dei 40 km orari.
La strada diventa una pista. Sono davanti e tiro per ancora un centinaio di metri. Al cartello pubblicitario mi allargherò per farmi dare il cambio. Mollo di appena 1-2 km orari. Maurizio mi passa a destra e rilancia. Faccio sfilare anche Renato e Angelo e mi metto in coda. Si è fatto un buco e dobbiamo riagganciare Maurizio.
Entriamo in una rotonda, per fortuna non c'è nessuno e non dobbiamo rallentare.
Ora tocca ad Angelo. Una locomotiva. Al semaforo scatta il giallo. Passano il primo e il secondo.. gli altri tre con il rosso.
Emiliano cerca di passare Renato e si sposta troppo a sinistra, mentre passa una macchina. Gli passa a pochi centimetri. Certo, avrebbe dovuto lasciargli uno spazio maggiore ma anche Emiliano avrebbe dovuto tenersi più a destra.

Insomma, presi dall'agonismo ci dimentichiamo a volte che la strada è aperta al traffico. Non rispettiamo sempre i semafori e spesso ci teniamo troppo a sinistra.
Il nostro è un gioco ma la strada è una cosa seria.

Forse, se la macchina intrappola, contiene e genera aggressività, è altrettanto vero che i confini infiniti della bicicletta danno un senso di libertà eccessivo, facendo dimenticare i limiti e i rischi della strada.



La strada e le sue colpe

Gli attori hanno colpe, ma anche lo scenario non aiuta. La strada e lo stato penoso in cui è ridotta non migliorano la situazione.
Il fondo è pessimo. Le strade non vengono asfaltate da anni e alternano toppe, tombini sporgenti e buche. Solitamente la parte peggio ridotta è quella di destra, proprio dove sarebbe meglio stare. 
Mi è capitato di centrare delle voragini in pieno rischiando di spaccare le ruote e a volte di cadere.
Qualche volta si deve transitare in mezzo alla carreggiata, magari anche in gruppo e di non avere alternative.
Gli automobilisti suonano e ci fanno gestacci, non rendendosi colto dello stato del manto stradale.
Capita che per evitare un tombino sporgente si cambi improvvisamente traiettoria, avvicinandosi pericolosamente alla macchina che ci sta passando.

A complicare ulteriormente la situazione sono poi stati i lavori per la fibra ottica. Ogni strada cittadina e della cintura è stata solcata da una rotaia mal toppata che impedisca alle nostre ruote sottili di stare a destra.

Ciclabile Airasca - Moretta
Le ciclabili... be', dipende.
Ce ne sono di validissime. Soprattutto quelle ottenute dai tratti ferroviari dismessi. Un esempio è quella che collega Airasca con Moretta. 30 km di asfalto perfetto con lo spazio per le famiglie ma anche per il gruppo di stradisti.
Altre sono invece impraticabili. Vere e proprie gimkane non adatte a nessuno, lasciate lì, deserte, a lato dello stradone. 






Detto ciò so che continuerò a prendermi la mia libertà. Continuerò ad avere l'illusione del volo, in scia degli amici.


sabato 6 maggio 2017

Triathlon, un po' di Storia


6 maggio 2017 - nuoto 38.1 km, bici 1910 km, corsa 460.5 km

Procedo in direzione Elbaman con l'allenamento. Si va avanti con qualche difficoltà nel riequilibrare allenamenti e vita familiare. C'è poco da fare... solo chi partecipa a questo folle gioco lo può capire. Chi non ha fatto parte di questo mondo vede le nostre fatiche come vane, folli e spesso ridicole. Lo posso capire. Ma da medico e da persona che ha visto la sofferenza e la morte, da uomo non credente posso dire che non so cosa ci sia di veramente vano, folle o ridicolo in qualsiasi aspetto di ciò che facciamo in qualunque aspetto della nostra vita. Non che voglia fare grandi filosofie. Non ne sono capace e non è il luogo adatto. Credo però che non ci sia un solo modo di viverre e soprattutto che, garantendo il rispetto di tutti, non ci siano modi giusti o sbagliati di farlo. Mi basta pensare che un giorno possa chiudere per l'ultima volta gli occhi senza troppi rimpianti e sogni rimasti ad ammuffire in un cassetto. Non voglio fare la fine di chi dal calice della vita ha bevuto sempre a piccoli sorsi rinunciando a dissetarsi pienamente.


Domani mi aspetta il Medio di Candia. Non sono in piena forma perchè reduce da una laringite. Il meteo non è il massimo e la sveglia è a un'ora assurda. So però che nel tagliare il traguardo sarò 
ripagato di tutto, alla grande.


Triathlon... un po' di Storia

Nasce un giorno il 18 febbraio del 1978, su una spiaggia delle Hawaii.

Qualche mese prima un gruppo di amici discuteva riguardo quale fosse, dalle loro parti, la gara più dura: la Waikiki Rough Water Swim (3.8 km di nuoto), la 112 Mile Bike Race Around Oahu (180 km di bici) o la Honolulo Marathon (una maratona podistica, di ovviamente 42 km e gli ultimi infiniti 195 metri). 

Un nuotatore, un ciclista e un podista a discutere riguardo a quale fosse lo sport più duro. Unico modo per risolvere la discussione? Come sempre la pratica... provare.
John Collins, il papà del triathlon
Così un tale, di nome John Collins, comandante della marina, propose un'assurda sfida: affrontare tutte, una dopo l'altra, le tre gare. Un impresa apparentemente impossibile, da "uomini di ferro". Nasceva così l'Ironman delle Hawaii. Il primo triathlon.

Alla prima edizione parteciparono in 14. Vinse tale Gordon Haller con un tempo di 11 ore e 46 minuti.
Ogni atleta era accompagnato da un team per il  rifornimento d'acqua e viveri.

La Storia (o la Leggenda... chissà) racconta che il secondo classificato, John Dunbar, finì a bere birra dopo avere esaurito le scorte d'acqua. Pare che un altro partecipante affamato si sia fermato a ristorarsi in un Mc Donalds (sopravvivendo, dicono a un McBurger e al triathlon).

La prima donna iscritta fu Lyn Lemarie, l'anno successivo. Concluse la prova in 12 ore e 55 minuti, classificandosi sesta.

Una giornalista di Sport Illustrated pubblicò un lungo articolo su questa manifestazione sportiva e gli iscritti, nel 1980 furono centinaia.

Negli anni successivi il giovane sport crebbe e si diffuse in tutto il mondo. Si cominciarono a correre i tre sport articolati in distanze minori: super-sprint, sprint, olimpico, medio, lungo e iron man. Nacquero infiniti derivati: wintertriathlon, duathlon, acqualong... mille modi di associare due dei tre sport o di inserine altri, tanti modi per portare il cuore in alto e sfidarsi follemente.
Brigitte Mc Mahon

Nel 2000 viene per la prima volta inserito nel giochi Olimpici, a Sidney. La prima medaglia d'oro fu vinta da un Canadese, Simon Whitfield, e nella gara femminile da Brigitte Mc Mahon, Svizzera.

In Italia la prima gara di triathlon è stata disputata nel 1984, ad Ostia, sulla distanza olimpica (1.5 km - 40 km - 10 km). 
Nel 1985 nasce la  A.I.T. (Associazione Italiana Triahlon), fondata da Marco Sbernadori. 
Nel 1988 viente riconosciuto dal CONI.
Nel 1989 in occasione dell’assemblea ordinaria elettiva l'AIT cambia la propria denominazione diventando Federazione Italiana Triathlon 
Nel 1998 avviene il riconoscimento della FITRI a federazione sportiva nazionale.


Ad oggi in Italia si contano 271 società e 11.077 federati FITRI.

La storia continua e nel nostro piccolo la scriviamo con il nostro sudore, noi piccoli e i grandi olimpionici.


mercoledì 7 dicembre 2016

Un Po di Corsa

Torino, 5 dicembre 2016, nuoto 122, bici 3671, corsa 1326 km

Eccoci a fine anno. E' tempo di bilanci e progetti per il prossimo 2017. 
E' stato un anno "buono", con molte gare e miglioramenti. L'esperienza di Embrun (l'Olimpico) è stata fantastica. Dopo 4 anni comincio a sentirmi di casa nel triathlon, a riconoscere molti volti, a salutare ed essere salutato.
Mi sono divertito veramente tanto, così tanto da volere alzare (e non di poco...) l'asticella per l'anno prossimo: una gara di IRON MAN.  Con Renato abbiamo pianificato ci siamo  iscritti all'ELBAMAN, a settembre. La follia aumenta.




Un Po di Corsa, 21 km

Premesse pessime. Una settimana prima della gara il fiume esonda. Un disastro. Valentina, una delle due imbarcazioni che portano da decenni i turisti sul Po viene trascinata verso San Mauro ed affonda.
Quando l'acqua si ritira lascia sulle ciclabile fango e sabbia. I circoli sportivi della zona di Moncalieri sono invasi dall'acqua. I Ronchi Verdi chiudono seminando il panico generale. Tutti a chiedersi dove andare a nuotare. Qualcuno già pronto a iscriversi in altre improbabili piscine.
Due giorni prima della gara Base Running annuncia l'annullamento della mezza. Si correranno solo 10 km.

Mi sento meno in forma di alcune settimane fa e l'accorciamento, tutto sommato, non mi dispiace. Non mi misuro più su 10 km da molto tempo e sono curioso di sapere quale tempo potrei fare.

Poche ore prima il contrordine.
Il percorso è stato ripristinato e si correrà anche la 21.

Mi trovo con Alessio, al caldo del Palazzo a Vela.
Fa sul serio, come sempre: correrà in pantaloncini. Io decido invece di correre vestito in modo invernale, con pantaloni lunghi e maniche lunghe. So che avrò caldo ma non ho molta voglia di prendere freddo alla partenza. Mi sembra di non essere in piena forma e considero la gara come un allenamento.

Tutto intorno è una festa. Molti indossano un cappello da Babbo Natale e nelle retrovie, chi parte per i 3 km, si fermerà davanti al Regina Margherita per salutare i bambini ricoverati. E' una corsa di beneficienza.

Incontro Matteo, come me iscritto a Ronchi Verdi e Torino Triathlon. C'è sempre. All'arrivo non lo vedo mai perchè mi precede solitamente di 5-10 minuti.
Mettiamo tutti le mani avanti (come usa): "non sono allenato", "per me è un allenamento", "questa notte non ho dormito" eccetera. Facciamo tutti così, sempre. Lo si fa nei confronti di se stessi, per abbassare le aspettative e non arrivare al traguardo delusi. Fa parte del nostro gioco, della nostra follia. E' uno dei tanti atti rituali legati alla gara.

Lo speaker annuncia che la gara è stata accorciata di 250 metri ma che i tempi saranno comunque per tutti maggiori per la sabbia che si dovrà attraversare lungo il percorso.

Via.

Come sempre esagero nei primi km. Prendo la scia dei primi e corro sotto a 4 min/km.
Passiamo sotto il tunnel di Corso Bramante. Lo ho già percorso in gara in occasione dei nazionali di Duathlon, nel 2015, in bicicletta. Lo ricordo mentre corro.

Rallento perchè la gara è lunga.

Palazzo a Vela, Torino
Comincia una lunga serpentina al Valentino. Mi perdo nei passaggi sui ponti, da una parte all'altra del Po. Dal piazzale davanti al Regina arriva la musica del concerto.
Mantengo una buona media, intorno ai 4 minuti e 10 sec/km.

Al nono km il percorso si divide tra la 10 e i 21.

Mi trovo in un gruppetto di 3-4 persone. Davanti a me una ragazza che mi precederà alla fine di circa 30 secondi, piazzandosi prima tra le donne.

Per la seconda volta, intorno al km 2 del Valentino, attraverso le dune di sabbia. Le gambe mi fanno male e devo mollare un po' negli ultimi due chilometri. Stringo i denti salendo sulla passerella. Vedo il traguardo. Lo passo e guardo il cronometro: 1.28.08. Il mio personale!

Scoprirò di essere arrivato 27mo assoluto. Matteo 13 mo e Alessio 15 mo.

Stanco ma soddisfatto procedo con il rituale: arraffare qualcosa al ristoro, cambiarsi e tornare a casa in macchina, tronfio del risultato e di endorfine.

Come sempre il traguardo ha ripagato la levataccia. Ne è valsa la pena.

Ma ora è tempo di dedicarsi alla bici e al nuoto.

Il 2017 sarà un anno grande, speriamo.

lunedì 5 settembre 2016

Colle dell'Izoard in bici

Torino, 5 settembre 2016 - nuoto 91.4 km, bici 2847 km, corsa 846 km

meno di due giorni fa finivo l'Olimpico di Embrun. Ho male alle gambe. Oggi con Renato, Sabrina e Andrea, abbiamo in programma l'Izoard. Farei bene a starmene a riposare ma la tentazione è troppa. Sono qui, in montagna, a pochi chilometri... Di notte mi giro dolorante nel letto sperando che il dolore sparisca, invano.
E allora si va.


Si parte di mattina presto. Previsti 110 km da Embrun.

Subito cominciamo ad andare su è giù. Per il momento mi sento bene e il dolore ai quadricipiti sembra dimunuire.
Non ho voglia di prendere freddo e decido di partire con uno zaino. Sarà un po' da ciclista della domenica, ma non mi importa. Patirò abbastanza per i muscoli e non voglio patire anche per le temperature.
La giornata è spettacolare anche se nel pomeriggio sono previsti temporali.

Procediamo a velocità discreta (per la condizione delle mie gambe comunque mostruosa) fino a Guillestre. Qui comincia un falsopiano fino a un incrocio dove si deve scegliere tra colle dell'Agnello o Izoard.

Da questo punto si fa sul serio.. due o tre tornanti poi fino ad Arvieux dove mi fermo a fare acqua. Dopo un km sono solo perchè Renato è rimasto dietro mentre Sabrina e Andrea sono spariti in avanti dopo pochi minuti.

Comincia un tremendo rettilineo con pendenze maggiori dell'8%. Le gambe urlano. Salgo agli 8-9 km orari alternando tratti in sella ad altri in piedi.
Raggiungo finalmente i tornanti, dove la pendenza non cambia ma dove di tanto in tanto si può avere qualche momento di recupero. E' una questione soprattutto psicologica: il tornante permette di darsi un traguardo intermedio e di spezzare così la fatica.

Ogni km è scandito da un cartello indicante quanti km alla vetta e la pendenza media del prossimo km.

Arrivo finalmente alla Casse Deserte. Paesaggio lunare. Passo a lato del monumento dedicato a Coppi e Bobet. Scatto qualche foto con la gopro, senza fermarmi.
Gli ultlimi 2 km, come sempre, sembrano essere 20. Una pedalata poi un'altra ancora e la vetta sembra non arrivare mai.

In cima ritrovo gli amici che nel frattempo hanno sicuramente avuto abbastanza tempo da rinfocillarsi (primo, secondo, dolce, caffè e amaro..) e aspettiamo insieme Renato.
Ci raggiunge Ivan, partito da Embrun, ben un'ora dopo di noi. Con Sabrina decide di allungare e scendere verso Briancon.. beati loro, non ce la potrei fare.
Scendiamo invece dalla stessa strada dell'andata, verso Gap.

La discesa è favolosa. Nell'ultimo tratto raggiungo quasi gli 80 km/h, e, nonostante qui non ci siano curve, mi viene un po' d'ansia e tocco i freni.



Rientriamo così verso il campeggio. La strada è ancora lunga e non ne ho proprio più. Non riesco a tenere le ruote degli altri che mi devono aspettare. Raccogliamo un ciclista francesce che con Andrea collabora a tirare.

Faticosamente arriviamo al lago... in tempo per due bracciate.

E' la terza volta che salgo l'Izoard. La seconda da questo versante. Ho fatto fatica, tanta ma come sempre ne è valsa la pena.

lunedì 29 agosto 2016

Embrun il paradiso del triathlon

Torino, 29/08/2016 - nuoto 90.4, bici 2661, corsa 822 km

Embrun
dal 13 al 20 agosto a Embrun, in Francia, vicino al lago di Serre Poncon.
Ho passato una settimana in campeggio in mezza agli iron-man, anzi, per meglio dire, agli "embrunman".
7 giorni di sport, compreso il triathlon M (Olimpico) il giorno di ferragosto (altrochè grigliata!).

Con Francesca e Marta partiamo da Torino sabato mattina. Abbiamo appuntamento in campeggio con la famiglia di Renato e altri amici.
Nella Multipla non c'è più spazio nemmeno per uno stuzzicadenti. Tre valige normali, una per l'abbigliamento sportivo. La mia bici, quella di Marta e un'altra che non stava più nella macchina degli amici. Le mute. Due bustoni della spesa poi la pompa per le gomme, caschi, bastoncini per camminare... di tutto.

Affrontiamo il Monginevro con difficoltà. Dal metano passo alla benzina perchè la macchina, già lenta di suo, carica così sale solo in seconda.

Arriviamo al Lago di Serre Poncon in mattinata. Ci consegneranno il bungalow alle 16.
Abbiamo perciò tempo di sistemarci in spiaggia.
Provo la muta. Nuoto male. I miei occhialini sono in fondo alla valigia e prendo quelli di Francesca che imbarcano acqua. Non vedo nulla e mi sembra di non andare avanti. Mi viene l'ansia di non riuscire a nuotare, e di non potere stare dietro al gruppo durante la gara. Temo di arrivare in una zona cambio deserta, senza più bici.

Arriviamo in campeggio, il Club Nautique,  per ultimi. Gli altri sono già sistemati. Renato è già in giro, in bicicletta.

Finito il trasloco ci accasciamo in un'altra spiaggia, sul lago di Embrun, separato da quello di Serre Poncon e dal fiume, la Durance, da una diga. Qui l'acqua è calmissima e sembra di essere in un enorme piscina. I miei occhialini sono perfetti e nuoto bene.

Incontriamo altri Torinesi. Mi presentano Gabriele. Corre per il CUS Torino e il 15 farà il lungo. E' arrivato primo degli Italiani a Kona. Solo dal fisico che ha si intuisce quanto è forte.Sono con lui le figlie e Sabrina, sua compagna e istruttrice di nuovo di Marta.

Siamo circondati da gente che nuota, corre o gira in bici.

In zona ci sono circa 1000 Embrunman e altri 400 che come me affronteranno l'Olimpico. Non ho mai visto tanta gente così in forma.

Domenica. Mi accompagnano tutti in paese a ritirare il pacco gara (una maglietta, il pettorale, il chip, un
Allestita la ZC
bicchiere di plastica marcato Embrunman e la solita carta).
Nel pomeriggio porto la bici in zona cambio.
Sono fiscalissimi e a causa del terrorismo controllano tutto quello che ho con me.
Torno al bungalow a piedi con una cassetta da riportare domani, per la gara, con il necessario per i cambi.
Nuoto un po'.
Gioco con i bimbi che sfrecciano nel campeggio con le loro biciclette. Si incrociano tra loro a folle velocità passando indenni (o quasi) a pochi centimetri l'uno dall'altro.
Preparo tutto: pettorale, chip, scarpe da corsa e da bici. Scelgo dei calzini morbidi, facili da mettere anche con i piedi bagnati.
Domani Renato si sveglierà alle 5.00 per vedere la partenza del lungo. Punto la sveglia alle 6.00, due ore e 30 prima della partenza.

Lunedì.
Colazione, vestizione e via, con la cassetta in mano, a piedi verso la zona cambio.
Nel lago sfilano come tonni gli ironman. Sono tantissimi. Cammino verso la zona dell'arrivo, in direzione opposta a loro.
Arrivato nella zona della partenza cerco un varco per raggiungere la ZC dell'Olimpico. E' un labirinto. Mi accodo a un Francese che come me, con la stessa mia cassetta, cerca di entrare. Dopo qualche tentativo troviamo la strada.
zona cambio
Sono in anticipo e mi fermo a vedere i primi del lungo che cambiati partono in bicicletta.
Al cancello della ZC pare che il mio nome non sia nelle liste. Gli faccio vedere che indosso il pettorale, il casco con il numero, che ho con me la cuffia, il braccialetto, il chip e che dunque da qualche parte il mio nome deve comparire. Scrollo le spalle mentre il vegliardo francese manda sms in giro. Dopo 20 minuti qualcosa si muove e decidono che posso partecipare alla gara.. grazie.
Appena entrato mi fermano perchè il mio pettorale non è in regola con la federazione francese: è fissato in soli due punti. Mi regalano una spilla da balia e vengo così omologato.

Fila 31, pettorale 1495.
Eccola la mia bici: agganciata alle transenne dalla sella. Tutta storta in mezzo ad altre 399: tutte dritte.
Alla mia sinistra si prepara un Italiano, uno dei pochi. Chiaccheriamo un po'. Mi racconta di arrivare da Cuneo e di avere già affrontato questa gara in più occasioni. Mi consiglia di stare attento a non prendere scie perchè, dice, i giudici francesi sono molto fiscali. Ci auguriamo buona gara. Lo vedrò poi nelle classifiche, nei primi posti.
Indosso la muta e chiedo soccorso ad altri due Italiani perchè mi aiutino a chiuderla.

8.30,  a piedi nudi sulla spiaggia.. il via. Nuoto.
Dalla spiaggia di corsa nel lago. L'acqua non è freddissima. In ogni caso è così alta l'adrenalina che in questo momento potrei entrare ovunque, con qualsiasi temperatura. Schivo cazzotti e calci. Qualcuno mi toglie gli occhialini. Mi fermo e li rimetto. Qualcuno mi arpiona i piedi e scalcio per liberarmi. Come tonni in una tonnara.
Cerco di tenermi nella bolgia, per sfruttare le scie e soprattutto per non uscire troppo di traiettoria. Tra calci e raddoppiare la distanza faccio la mia scelta: preferisco le botte.
Una boa. Un'altra. Cerco di tenermi in coda a un tale con la muta arancione fluo.
A differenza di tutte le mie altre gare precedenti riesco a tenere il gruppo e a superarne anche qualcuno. Mantengo la stessa velocità per tutta la gara (viaggio intorno ai 1.55 min/100 m).
Per evitare un altro incontro di lotta libera mi sposto a destra e perdo la rotta allungando di così il mio giro di qualche decina di metri.

Esco dall'acqua e correndo comincio a sfilare la muta.
All'entrata in ZC sento e vedo Renato. Fa il tifo e cerca di fotografarmi.

Recupero un po' di lucidità e riesco a cambiare senza fare stupidaggini (come mettere le scarpe prima di togliere la muta... già fatto). Corro con la bici verso l'uscita, verso la strada.
Si sale subito.
Cerco di procedere con il mio passo, senza esagerare perchè so che il dislivello è molto. Le gambe vanno ma la frequenza cardiaca è ancora alta, sopra ai 170/min. Devo ancora recuperare dal nuoto.
Il cuore scende fino a 165 e comincio a sentirmi meglio.
Tengo il passo di quelli vicini e ne passo qualcuno. Supero parecchie ragazze, partite 10 minuti prima di noi.
Il paesaggio è fantastico. A sinistra l'azzurro del lago e ovunque le montagne. Sul pettorale c'è il mio nome e quando passo mi incitano"allè, Lucà!). Mi aiutano e mi commuovono.
Ricordo i consigli di Sabrina e dopo una discesa, prima di un tratto con pendenza >10% ricordo di scalare sui pignoni più grandi. Molti non fanno a tempo a farlo e sono costretti a scendere dalla bici e spingere. Grazie del consiglio.

Poi la discesa, facile, veloce e soprattutto utile a recuperare energia.

Planiamo scendendo i 760 m di dislivello, tocco i 70 km orari.
Attraversiamo il ponte di Savine le Lac. La statale è aperta alla circolazione e c'è molto traffico. Così volente o meno non posso che sfruttare la scia delle macchine.
Procedo sullo stradone fino a Embrun. Si sale e scende. Mantengo la mia posizione.
A Embrun sento il tifo di Renato e degli altri. Mi confondo e sbaglio l'uscita di una rotonda. Recupero con un contromano, senza perdere troppo tempo.

Di nuovo in ZC.
Poso la bici, tolgo casco e guantini. Cambio le scarpe e via.

Ora la corsa, la parte in cui so di andare meglio.
Nei primi due chilometri faccio veramente fatica. Sento dolore al fianco destro. Spero che non aumenti. Penso di fermarmi e camminare un poi ma tengo duro. Riesco a correre intorno ai 4.45 min/km. Al giro di boa spero di vedere Francesca e Marta. Non ci sono perchè sono in anticipo sui tempi. Mi racconteranno di avermi aspettato lì a lungo, invano, dal momento che ero già passato.
Dal terzo km il dolore scompare. Va meglio.
I Francesi intonano cori. Tifano per tutti, anche per me. Ricambio alzando i pollici o dando il cinque ai bambini al lato del percorso.
Ora un tratto di salita. Rallento un po'.
Mancano 4 km, poi 3, due. Il penultimo chilometro è eterno. L'ultimo vola. Lo speaker annuncia il mio arrivo.

Taglio il traguardo. Devo sedermi e bere. Al ristoro c'è di tutto: frutta, coca cola, sali minerali, acqua, pain d'epices, frutta secca.
Dopo qualche minuto recupero le forze sufficienti a strisciare in zona cambio e recuperare bici e cassetta.

Scoprirò di essere arrivato 183mo su 393 partenti. Per me, considerando anche il livello medio dei partecipanti e la difficoltà del percorso, non male. Come prevedevo la parte in cui sono andato meglio è stata la corsa, poi la bici e infine il nuoto.

Rilevamenti cronometrici

Stanco ma soddisfatto, pian piano torno in campeggio, con la cassetta appoggiata al manubrio della bici.
Raggiungo famiglia e amici.

Gabriele, 27mo nel lungo
Alle 17.00 sono di nuovo in zona traguardo a vedere arrivare i primi del lungo.
Aspettiamo Gabriele.
Eccolo negli ultimi metri di corsa.
Grandissimo: 27mo assuluto!

Alle 23.00 sono sul molo, in campeggio. Sento lo speaker annunciare l'arrivo degli ultimi, in viaggio da 17 ore..

E' stata una grande giornata. Piena di movimento, famiglia ed amici.
In me cresce l'idea dell'ironman... per festeggiare i 45 anni?


La settimana ad Embrun proseguirà con molte altre ore di sport: camminata con i bimbi (6 ore!) il giorno dopo, martedì in bici fino all'Izoard, poi corse e nuoto.