sabato 22 marzo 2014

C'erano i campionati europei per medici, a Zocca

Torino, 22 marzo 2014 - bici 519.3, corsa 199.3, nuoto 31.7 km

Settimana di buon allenamento. Lunedì corsa, martedì 110 km di bici, mercoledì nuoto e giovedì corsa. Ieri "a riposo" al lavoro e oggi 13 km di corsa.
Il dolore al ginocchio si sta risolvendo. Finalmente ho ritirato la divisa di Torino Triathlon.
Le gare si avvicinano e l'aria si fa sempre più frizzantina. Il 13 aprile parteciperò a Tuttadritta: 10 km praticamente in apnea. Obiettivo sarà battere il tempo dell'anno scorso (41'41'') anche se non credo di farcela a causa dello stop che ho avuto per il ginocchio. Vedremo.



I CAMPIONATI EUROPEI DI CICLISMO PER MEDICI E VETERINARI


Era il 9 settembre, nel 2001 ed era la prima volta che partecipavo ai Campionati Europei di Ciclismo per Medici, a Zocca nei pressi di Modena.
Con Massimo e Giulia arrivammo al mitico agriturismo Tizzano di sera, dopo una mattina in reparto e un pomeriggio di viaggio. Eravamo tutti e tre compagni di scuola di specializzazione. L'idea di partecipare era venuta a Giulia, che in bici praticamente non era mai andata. Si era comprata la sua prima bici da corsa qualche settimana prima e si era allenata un po'. Massimo aveva portato con sè una vecchia mountain bike. Dei tre ero l'unico ad avere una vaga idea di cosa fosse una bicicletta, anche se allora non ero ancora così malato di ciclismo come lo sarei stato negli anni successivi. Avevo un paio di pantaloncini e una maglietta di licra acquistati da Auchan, nel reparto ciclismo e una bianchi dei colori del Pirata, modello base. Non avevo mai partecipato a una gara su strada.

Parcheggiammo in un cortile pieno di cianfrusaglie e animali. Subito fummo accolti dalle proteste della padrona dell'agriturismo che in modenese ci diceva che eravamo arrivati troppo tardi e che praticamente non poteva darci da mangiare. Ovviamente finì per ingozzarci come oche da foie gras. Seduti a una lunga tavolata ci salutarono i rivali dei due giorni successivi. Erano lì, tedeschi, cecoslovacchi e italiani a bere vino e mangiare gnocco fritto e lardo. Su di loro non avrei scommesso una lira, quella sera ne ero certo: li avrei battuti tutti. Credo che in realtà fossero delle controfigure di quelli che il giorno dopo con casco da crono e ruote lenticolari avrei visto sfrecciare in direzione del traguardo.

Tra loro ricordo soprattutto Manuel, tedesco con i baffi. Maniaco di ciclismo e campione assoluto di Germania in qualche specialità da pista.

Il giorno dopo iscrizioni presso il municipio del paese e ricognizione del percorso della crono.


arrivo della cronometro
Dopo pranzo il via: 16 km, percorso da cronoscalata.  Partenza dal Camion. L'urlo di Giulia al giudice di gara prodigo a sostenerla in partenza "Toglimi sta mano dal culo!!".
Le gambe subito dure, il cuore in gola e tanta sofferenza.
Ero poco allenato e soprattutto non adeguato a una cronometro. Leggero e poco potente.
Arrivai al traguardo stremato, con una frequenza cardiaca media di 202 (!)  ma mai distrutto quanto Massimo che arrivò spingendo a mano la bici e Giulia che ci mise un'eternità.

Di sera tutti a raccontarsi a tavola della propria impresa e a programmare la corsa del giorno dopo. Una gara in linea. Con il pulman fino alla partenza poi 40 km di colline fino a Zocca.

Ovviamente persi il gruppo dopo pochi chilometri e mi feci tutto il percorso in solitaria. Arrivai piazzato a metà classifica.
Premiazione
Aspettammo a lungo Giulia. persa nell'appennino. Finalmente dopo un'eternità eccola arrivare, davanti al carro scopa, incitata dagli organizzatori. Ce l'aveva fatta, ultima, ma ce l'aveva fatta (scoprimmo dopo anni che si era fatta portare sul camion per mezza gara)!
Ancora oggi Giulia sostiene di avere affrontato quel giorno la fatica più grande della propria vita e di sentirsi contenta anche solo per essere sopravvissuta.

Poi tutti al ristorante, per la premiazione.

Ho partecipato ai campionati per altri 3 anni e ogni anno le mie prestazioni sono migliorate.

si prepara la gara (2004)
Nel 2004 erano stati variati i percorsi. La cronometro era diventata una vera e propria cronoscalata e la gara in linea era stata portata su un circuito di tre giri. Ero molto allenato e al terzo giro ero piazzato a metà del gruppo. Tenevo il passo e credevo di potermi piazzare discretamente. L'ultimo tratto era in salita e contavo di guadagnare lì qualche posizione. Invece chi mi precedeva in gruppo cambiò all'improvviso direzione, mi tagliò la strada e mi fece rotolare a terra. Insomma, venni abbattuto da un cecloslovacco.
Arrivai così al traguardo con qualche minuto di ritardo sul gruppo e con una bella collezione di ecchimosi e abrasioni. Mi aspettava Francesca con cui ero fidanzato da pochi mesi e che avrei sposato un anno dopo. Arrivare ammaccato non fu un buon modo per presentarle il ciclismo...

Poi ci furono il matrimonio e la vita mi portò per qualche anno lontano dalle ruote. Quando ripresi venni a sapere che i campionati di Zocca non venivano più organizzati.

Sono state le gare più belle a cui abbia mai partecipato, in un posto meraviglioso, con gente fantastica. Mi capita ancora di sognare quelle persone e quei luoghi.

Lancio perciò un appello perchè qualcuno, a Zocca, abbia voglia di riprendere in mano l'organizzazione dei Campionati e si possa ricominciare a mangiare tigelle, lardo, crescioni e correre.



mercoledì 12 marzo 2014

Letture: Il Corridore di Marco Olmo e Gaia De Pascale

Torino, 12 marzo 2014 - bici 411.17, corsa 155.5, nuoto 27.85 km

Mi sono iscritto al Triathlon Sprint di Andora e al medio di Candia. Per il primo non ho timori ma solo un'emozione positiva. Obiettivo è battere il tempo dell'anno scorso e credo di farcela senza troppi problemi. Nel nuoto ho fatto grossi progressi, in bici mi sembra di andare discretamente e se anche mi sono allenato un po' meno nella corsa ho alle spalle un anno di grandi allenamenti. Per il secondo, il Medio, ho invece molti più dubbi. Non mi do obiettivi riguardo al tempo: mi basta finirlo. Ieri ho provato il circuito ciclistico tenendo una media discreta (29 km/h) senza forzare troppo. In gara dovrei riuscire a superare i 30, senza troppi problemi. Mi inquieta piuttosto la mezzamaratona... per fortuna ci sono ancora molti mesi di allenamento per aumentare resistenza e velocità. Vedremo.



Il "Corridore" di Marco Olmo e Gaia De Pascale

Quando parlo con un preparatore, un venditore di scarpe o semplicemente con un compagno di corsa e mi vengono proposte tabelle, teorie e diete sofisticate, mi viene subito il sospetto di avere sbagliato tutto, di essermi allenato in modo sbagliato. Per non parlare poi della medicina sportiva, dove una corsetta si trasforma in un consumo percentuale di glicogeno e dove il fiatone diventa la lancetta rossa sopra alla soglia aerobica.
Tanta teoria, tanta che viene da pensare che per correre 10 km serva una laurea, e per una maratona un master.
Poi penso a Marco Olmo e mi dico che nonostante tanta letteratura (e tante mode) si possa essere dei campioni (per quanto mi riguarda mi basta arrivare alla fine della gara, ovviamente) ascoltando semplicemente il proprio cuore, lavorando e facendo fatica.

Per me è stato un libro illuminante. Racconta della vita e della carriera sportiva di Marco Olmo, nato nel 1948, grande corridore di ultratrail. Ha corso e vinto tutte le più importanti ultramaratone, in condizioni e luoghi al limite della sopravvivenza. Soprattutto ha corso e affrontato queste imprese da "non più giovane", arrivando a vincere il campionato del Mondo all'età di 58 anni.

Nel libro racconta del suo modo di vivere lo sport, così alternativo e diverso da quanto ci venga proposto in questi anni.

Nessuna tabella. Nessun personal trainer. Nessun mezzo tecnologico. Al seguito solo una moglie, preoccupata che il suo Marco ce la faccia.
Pochi sponsor e pochi soldi, racconta in modo emblematico di avere spesso dormito in macchina prima di una gara.

Pare un orso piemontese, "barotto", con la facies un po' depressa. Solo su un gru della cava dove lavorava e solo, di corsa, nel deserto o nella neve dei sentieri di Robilante.

Racconta dei suoi allenamenti basati non sulla frequenza cardiaca, sulle tabelle di altri o su tecniche di allenamento della medicina sportiva, ma, invece, sulle proprie sensazioni.

E' un libro che consiglio a tutti, sportivi o no. A chi pratica sport perchè lo possa rivedere in un'ottica un po' più umana e meno tecnica e a chi non lo pratica perchè possa capire più facilmente cosa passa nella testa di chi ama fare fatica.

Per me è stato un invito ad ascoltare un po' meno le teorie, e imparare ad ascoltare piuttosto le mie sensazioni. In questo modo l'allenamento diventa un percorso introspettivo, di crescita personale. Certo, in questa maniera, è più facile incorrere in errori e magari arrivare più lentamente all'obiettivo ma credo che per chi come me non ha pretese di vittoria, sia il modo migliore di vivere l'attività fisica.

venerdì 7 marzo 2014

Ciclofilosofia della leggerezza

Torino, 7 marzo 2014 - bici 336.88, corsa 142, nuoto 26.1 km

Oggi doppio allenamento. Prima in bici da corsa con Angelo, il mio custode Buddista, poi con il gruppo di Torino Triathlon.
Discretamente in bici, giro corto ma con un buon dislivello, ma che pena la corsa! Non sono riuscito a tenere il primo gruppetto, un po' per il fiato un po' per la paura di sollecitare troppo il ginocchio. Sono comunque soddisfatto perchè non ho avuto troppo dolore e sto riprendendo anche l'allenamento del running. Bene.


sella della Rezza

La Rezza è una salita pedalabile, graduale, con pendenze nei punti più difficili di poco superiori al 6%. La strada perfetta per perdersi in chiacchere e filosofie da bar, o meglio, da ciclisti.
Si parlava dell'inutilità assoluta e della follia dei nostri allenamenti. Be', certo, lo sport fa bene, aumenta l'aspettativa, la qualità di vita e rallenta il decadimento fisico. Certo, ma forse basterebbe molto meno di quanto facciamo e investiamo quotidianamente (soldi, energia, pensieri e tempo).

Ci siamo dati dei "cazzoni" e poi però ci siamo subito giustificati con una serie di luoghi comuni. La "vita è una sola", "bisogna divertirsi finchè si è in tempo", "non bisogna essere pesanti".

L'ultima frase, quella relativa alla leggerezza, ha acceso l'Angelo-Buddista. "Il buddismo mi ha portato a togliere il peso alle cose pesanti", diceva lui. Io, come sempre meno spirituale, gli raccontavo qualche reminiscenza di una lettura di anni prima, la prima delle "Lezioni Americane" di Calvino, quella relativa alla leggerezza e alla pesantezza, dove la mancanza di peso non è sinonimo di superficialità ma invece il risultato di un percorso che porta a spogliare le cose dalla zavorra.

Angelo mi raccontava di quanto fosse pesante da giovane, pieno di dogmi e ideali, così diverso da adesso. Mi diceva di quanto questo gli fosse costato in riflessione e cambiamenti.
Insomma, di quanto, come cantava Bob Dylan, fosse "più vecchio allora, più giovane ora".

Così, leggeri ma non banali, come una canzone dei Beatles, ci siamo arrampicati in cima alla Rezza.

In discesa poi non si parla, si porta la bici e si vola, leggeri davvero.



Libero 06.03.2014 09:25 (bici)