lunedì 21 aprile 2014

Tuttadritta

Torino, 20 aprile 2014 - Bici 800.8, corsa 305.9, nuoto 42.6 km

Anche quest'anno è andata, portata a termine Tuttadritta. 10 km a 185 di FC media. Per quanto mi riguarda la gara più faticosa di tutte le gare, molto più di una mezza o di una maratona. Nessuno spazio alla gestione di gara, alla pianificazione del ritmo o al risparmio di energia. Partenza a cannone, e a cannone fino al traguardo.

Si parte da Piazza San Carlo, il "salotto buono di Torino", si corre fino a Piazza Carlo Felice e poi dritti, tutti dritti, fino alla palazzina di Stupinigi.

Prima difficoltà è la gestione della logistica, ovvero organizzare il ritorno da Stupinigi al centro, evitando le navette predisposte dall'organizzazione. Certo, sarebbe eroico rientrare di corsa ma in genere all'arrivo di questa gara mi accompagna un broncospasmo da stadio IV Gold (qui capiranno i dottori e gli enfisematosi) e una tosse da tubercolotico tale da non poter camminare.
Così ci si trova all'alba con Emiliano e Viviano e si portano a parcheggiare due macchine all'arrivo, per poi tornare in centro con una terza macchina.

Alle 9.00 siamo davanti al Caffè Torino, luogo in cui ho dato appuntamento a circa mezza città.

Seduti davanti aspettano i ragazzi (di ogni età, dalla pubertà alla senescenza ma sempre e comunque ragazzi) dei Ronchi/Torino Triathlon, commisti come sempre. Dentro ci sono già Francesca, Franco, Viviana e altri camminatori. I miei genitori sono in ritardo, li vedrò all'arrivo. All'ultimo arrivano anche Angelo (il mio angelo-buddista) e Roberto. Ecco anche Paolo.
Ancora un'ora alla partenza e già non capisco più niente. Il cervello è già in gara. 10 minuti di coda davanti al bagno del Caffè, come è di rito. Per fortuna le due compresse di Buscopan mi hanno evitato i soliti crampi addominali. Davanti a me una ragazza in tuta rossa con la stella, un'atleta della Nazionale Cinese, in trasferta.

Ore 9.20, dietro a Roberto Milano per il riscaldamento. E' uno dei preparatori di Torino Triathlon e per me, podisticamente parlando, è un marziano. Al gruppo si aggrega Bruno Pasqualini, un triathleta vero, uno dei più forti in Italia, Roberto lo guarda con rispetto. Mi rendo conto quindi che si può essere sempre marziani di qualcun'altro, che insomma non c'è limite. In parte è una consolazione.

Ore 9.45 ci infiliamo nelle griglie. Siamo abbastanza avanti ma meno dell'anno scorso. Ci sono 7000 iscritti secondo l'organizzazione. Un gran bordellone.
Poi il saluto del sindaco e lo start.

Pessima partenza, a singhiozzo. Scatto, scarto, mi arresto riscatto. Perdo più di un minuto al primo km, giocandomi la possibilità di ripetere il tempo dell'anno scorso.

Dopo circa 1000 metri supero Emiliano, dandogli una pacca sul sedere. Ora corro con il suo fantasma dietro: Emiliano, sento il tuo fiato sul collo ma non mi prenderai!

Poi i km, uno dopo l'altro, senza mai entrare in crisi perchè tutti i chilometri sono stati di crisi. Il cuore sempre in gola, sempre al massimo: contagiri puntato sui 185 b/m, tachimetro in discesa dai primi km da 4 m/km a 4.30 m/km dell'ultimo km.
Eccolo là, il cornuto cervo bastardo, in cima a Stupinigi a guardarmi. Gli ultimi due km e le gambe urenti a gridarmi pietà.
Attraverso il traguardo. Guardo il tempo officiale: 42.30. 50 secondi in più dell'anno scorso, tutti giocati nella pessima partenza.

Uno dell'organizzazione mi sprona a sgomberare i primi metri dopo l'arrivo. Lo guardo ebete. Vorrei dirgli che non sono in grado di capire cosa mi stia dicendo e che devo solo decidere se svenire o se sopravvivere. Poi invece raccoglio l'orgoglio e proseguo con la cerimonia. Raccogliere i volantini delle prossime 380 gare in programma alle quali non parteciperò, togliere il chip dalle scarpe e consegnarlo.

Poi di corsa (non si finisce mai) alla macchina per recuperare la macchina fotografica, in tempo per riuscire a immortalare gli amici. Sono consapevole di non poter riuscire a fotografare Emiliano e Angelo che hanno pochi minuti più di me. Non voglio però perdere l'arrivo di mia madre, mio padre, Paolo, Lidia e, ovviamente, della retroguardia dei camminatori.

Comincia l'attesa.

Incrocio lo sguardo di Chiamparino, prossimo presidente della regione. Corre e con gli occhi implora pietà. Gli dico "Forza Sindaco! Bravo!".  Mi sorride grato e mi saluta con la mano.

Passa mia madre, la fotografo. E' intorno ai 58 minuti. Mi dice di essere prossima all'infarto e le credo. Poi mio padre. Passano prima Sara che mi saluta, poi
Lidia che si ferma un secondo per fare una foto.

I camminatori
Sono passati 90 minuti dallo start e dei camminatori non si vede l'ombra.
Gli organizzatori cominciano a organizzare lo sbaraccamento. Sono passati altri 10 minuti. Nessuna notizia dei camminatori.
Comincio a preoccuparmi.

Eccoli, arrivare trionfanti e pieni di luce, i camminatori: Francesca, Viviana, mia zia Laura e il loro elegante chaperon, Franco.
Scatto finale, Viviana e Francesca a pari merito


Ci siamo tutti.
Ora il ritrovo è al campo della Croce Rossa.

Tutti più o meno sorridenti. Francesca è imbronciata perchè in partenza non l'ho salutata come si deve. Mi dispiace, le dico, ti amo tanto ma dopo 10 anni dovresti sapere che prima di una gara non sono in grado di ripetere nemmeno il mio nome.

Sono fatto così, senza pretese di essere normale.



mercoledì 2 aprile 2014

Piccoli e grandi maratoneti

Torino, 2 aprile 2014 - bici 668, corsa 239.8, nuoto 34 km

Ho risolto completamente i problemi al ginocchio e ripreso la corsa. Due giorni fa un allenamento folle dai Ronchiverdi con il gruppo runner (TorinoTriathlon e Ronchi): ripetute a velocità ciclistica e i miei polmoni vicini all'esposione. Ieri, non ancora recuperato il barotrauma del giorno precedente, 75 km di Canavese con il mitico Angelo, oggi si va a nuotare.
Si avvicinano i 10 km di Tuttadritta che affronterò meno preparato dell'anno scorso, con poche speranze di ripetere i miei 41' e 40''. Mi difenderò!

LA MARATONA
In questo post un cenno ad alcuni protagonisti della corsa delle corse, e alla fine, qualche flash della mia maratona.

Filippide (o Fidippide) - (490 ac)  - personale: ignoto
Gli Ateniesi vincono la battaglia di Maratona, contro i Persiani, e Filippide viene incaricato di  correre fino ad Atene, ad annunciare la vittoria.
Una corsetta, di 42 km. Per Filippide un nulla. E' un emerodromo, una sorta di corriere a piedi, in grado di correre anche 100 km in meno di otto ore (un precursore degli attuali ultramaratoneti). Secondo Erodoto nei giorni precedenti Filippide aveva dovuto correre da Atene a Sparta e ritorno (per un totale di 500 km circa) in meno di 48 ore per chiedere aiuto agli Spartani prima che la battaglia incominciasse.
Taglia il traguardo e, con il fiato che gli è rimasto, grida "Abbiamo Vinto!" (non chiaro se riferendosi alla battaglia o ad aver tagliato il traguardo per primo, il traguardo della prima maratona...).
Grida e stramazza a terra, morto per la fatica.
Dal punto di vista sportivo Filippide rimane un mistero: non è infatti noto quale sia stato il suo tempo personale. Certo non ha gestito bene la gara, non si è idratato a sufficienza o non ha rispettato correttamente i tempi di recupero rispetto agli allenamenti precedenti...
Povero Filippide.


Dorando Pietri (1885-1942) - personale: 2h38'49'' (1910) 
Giochi olimpici di Londra, 1908. Dorando ha 21 anni. E' un atleta italiano, un fondista. E' primo. Sta vincendo la maratona.
Non ce la fa più. Sbanda, barcolla ma continua perchè la vede lì, davanti a sè, la medaglia. La medaglia d'oro, quella delle Olimpiadi, il sogno di tutti gli atleti, di chi gareggia in nazionale e di chi corre solo la domenica mattina.
Dorando è esausto. Sta per cadere.
Viene soccorso dai commissari e sorretto, per pochi metri, fino al traguardo. Vince e verrà ricordato dalla Storia anche senza quella medaglia al collo, sfilata perchè squalificato. Non doveva essere sorretto.
La regina Alessandra si commuove e per consolazione gli dona una coppa d'argento.
Dorando non ha vinto ma viene ricordato proprio per questo... probabilmente avesse vinto sarebbe ricordato meno, sarebbe meno "eroe",  ma solo una delle medaglie d'oro delle olimpiadi (come se non fosse abbastanza...).
Mi ricorda un po' Franco Bitossi, il ciclista, per certi versi anche Marco Pantani. E' il genere di campione che preferisco: non macchine da vittoria, ma esseri umani.

Stefano Baldini (1971) - personale: 2h07'22'' (2006)
2004, Olimpiadi di Atene.
Sono a Barge, in Guardia Medica. Mi annoio a morte. Qui non si esce molto, per fortuna. La sede fa schifo: è sporca e maleodorante. Per fortuna c'è un vecchio televisore che prende pochi canali. Ho una gran voglia di andare in bici. Sono di guardia da 36 ore e sto fremendo. Non so cosa voglia dire correre. Non mi è mai interessata l'atletica leggera ma mi annoio e alla televisione ci sono le Olimpiadi, si corre la Maratona di Atene. La stessa strada che due millenni fa aveva percorso Filippide (con altri esiti).
Accendo la tele quando corrono da più di un'ora.
Nei primi tre c'è un Italiano, tale Baldini. E' secondo, dietro a tale Lima. Lo prende, lo supera, lo stacca. Lima arriverà poi terzo, Baldini primo.
Che emozione! La stessa dei tempi degli scatti di Pantani. E' la stessa emozione chi ha portato a correre in bici, la stessa che probabilmente a distanza di anni mi ha allacciato le scarpe e fatto iscrivere a una maratona. Lo stesso fremito che mi tocca e sorregge quando sono esausto e vorrei fermarmi.


Stephan Engels (1961) - personale: 2h57'00'' (2006)
Runner Belga, anche conosciuto con il nome di "Marathon-man": è un pazzo. Maratoneta e triathleta, in un anno ha corso una maratona al giorno. 365 maratone consecutive. Più di 13500 km in un anno. Una media di 4 ore di corsa al giorno.
Oltre qualsiasi possibilità umana. Rischia seriamente di essere chiuso in uno stabulario e sezionato per capire meglio cosa vogliano dire allenamento e follia.

Abebe Bikila (1932-1976) - personale: 2h12'12'' (1964)
Etiope, negli anni '60 divenne il simbolo dell'Africa in via di emancipazione dal colonialismo europeo, vincendo la prima medaglia d'oro olimpica del continente africano.
Nel 1960 vinse le Olimpiadi di Roma, correndo l'intera maratona scalzo.
Si presentò alle Olimpiadi di Tokyo senza speranze di vittoria. Era fermo da settimane, dopo un intervento di appendicectomia, eppure vinse ancora ma questa volta con le scarpe.
Finì i suoi ultimi anni tristemente, paraplegico dopo un incidente automobilistico, morendo poi a 41 anni per un'emorragia cerebrale.
Chissà perchè ma nel destino dei campioni si trova sempre qualcosa di amaro.

Luca Gagliardi (me medesimo) (1973) - personale 3h27'50'' (2013)
16 novembre 2013, Torino. La mia prima (e per ora unica) maratona.
Nel 2010 avevo cominciato a correre, poca roba. Per sfida avevo deciso di partecipare a una "mezza", con l'obiettivo di arrivare in fondo, senza guardare il cronometro. Ero in un periodo di astinenza dal ciclismo e cercavo un surrogato di qualsiasi genere. Così avevo cominciato a correre, ma in modo irregolare e senza grandi obiettivi.
Nello stesso tempo vedevo avvicinare i 40 anni e sentivo l'esigenza di legare a questo traguardo anagrafico anche un traguardo simbolico. Dovevo dare al passare del tempo una connotazione positiva. Dovevo battere il tempo. I 40 km (e più) avevano poi una certa corrispondenza con i 40 anni... allora decisi: "festeggerò i 40 anni portando a termine una maratona".
Nel 2011 poco allenamento. Nel 2012 i primi km di corsa e un allenamento un po' più strutturato.
Così il 2013 è stato l'anno del debutto del triathlon nella prima parte e l'anno della corsa, della maratona, nella seconda.
Degli allenamenti ricordo l'enorme fatica. All'arrivo da un "lungo" di 30 km mi dovetti fermare a 3 km dall'arrivo, perchè stremato e di aver percorso gli ultimi chilometri camminando a stento, trascinandomi da una panchina all'altra. Pensai che non sarei mai stato in grado di portare a termine i 42 km, di non essere forte a sufficienza.

Poi il 17 novembre. Partenza da Piazza S. Carlo. Al mio fianco Giuseppe, ex compagno della scuola di specilizzazione, incontrato lì per caso. Concordiamo di partire a 5 min/km, con l'obiettivo di terminare in 3 ore e 30 minuti.
Si parte.
I primi km sono in direzione del Po. Via Roma, Piazza Castello e poi in leggera discesa. Tengo un passo più veloce del previsto, intorno ai 4.40/km. Supero il pace-maker delle 3 ore e 30.
Non vedo più Giuseppe.
Modifico allora la mia strategia di gara: invece di tenere un passo costante scelgo di accumulare nei primi 30 km un "tesoretto" di minuti da gestire negli ultimi km.
Ogni 10 km c'è un ristoro. Un chilometro prima bevo una bustina di gel e al rifornimento una bottiglietta d'acqua o di sali.
Ai 20 km tutto bene.
Nichelino (che di per sè non è certo un luogo di particolare amenità) è uno spettacolo: a ogni angolo un batterista di una scuola di musica, tutti a scandire il ritmo e incitare.
Stupinigi e il maledetto cervo, che si vede da lontano e non arriva mai.
Si svolta in corso Unione Sovietica.
Ai 30 va ancora tutto bene.
Ai 35 arriva il "muro" e devo mollare un po', non ho scelta. Ho però un buon margine e credo di potercela fare a stare nei tempi programmati. Mi giro e non vedo il pacemaker, ho ancora un buon margine.
Ultimo chilometro. Mi sento leggero. Piazza Carlo Felice, Via Roma e Piazza San Carlo transennate. Tutti a fare il tifo. Mi commuovo. Ultimi metri. A sinistra Francesca, Marta e i miei che mi incitano.
3 ore, 27 minuti, 50 secondi.
Ce l'ho fatta, e ho vinto la scommessa contro me stesso e i 40 anni.

Non so ancora se quest'anno avrò voglia di riprovare, di sicuro, se le articolazioni me lo permetteranno, riproverò in futuro.

Credo che chiunque, minimamente in forma, sia in grado di correre 42 km. Non è un'impresa impossibile ma solo una questione di allenamento.
Bisogna preparare bene il cuore, i muscoli e sopratutto la testa.
E' importante conoscersi bene e capire i segni che ci dà dal profondo il nostro corpo.

Maratona di Torino 17.11.2013 09:30