giovedì 18 dicembre 2014

Eric Moussambani, un eroe lento

TorinoLoris Facci
Torino, 18 dicembre 2014 - Bici 2243.7, Corsa 1372.4, Nuoto 119.7 km

Rubo questa storia a Loris Facci, medaglia di bronzo nei 200 metri rana nelle olimpiadi di Sidney, del 2007. Attualmente lavora come preparatore in piscina, presso i Ronchiverdi di Torino. Proprio in questa sede, in occasione della festa sociale di fine anno, ha raccontato la storia di Eric Moussambani, l'uomo più lento delle Olimpiadi.

Un aneddoto sicuramente divertente. La storia di un nuotatore lento, un olimpionico atipico, che con la propria goffaggine, paradossalmente, invece di sembrare ridicolo ha portato in alto i valori sportivi, l'essenza vera delle Olimpiadi.

Eric è un nuotatore della Guinea Equatoriale e, nel 2000 partecipa, come unico rappresentante della sua nazione alle Olimpiadi di Sydney, ovvero nei 100 metri stile libero.
Impara a nuotare nell'oceano, ben otto mesi prima delle olimpiadi. Può partecipare anche senza i requisiti
Eric Moussambani
perchè beneficia di una green card concessa ai paesi in via di svilippo.
In batteria solo altri due concorrenti, subito squalificati per partenza falsa. Eric rispetta lo start e si tuffa.
Il tuffo è una clamorosa panciata.Nuota come potrei nuotare io, persino peggio di me (incredibile).
Baricentro basso, gambe larghe, testa fuori dall'acqua.
Finisce in 1.52.00 un tempone, ovvero un tempo enorme, pari al doppio di quello degli altri concorrenti. Nessun fischio dal pubblico che invece lo incita, come avrebbe incoraggiato un tentativo di record mondiale. Nuota non curante del cronometro, fregandosene della mondovisione.
Sarà immortale, su You Tube.

Negli anni successivi si allena riuscendo a portare il suo personale, sui 100 metri, intorno ai 57 secondi e finendo per allenare la nazionale di nuoto del proprio paese.
Diventa celebre e ricco, grazie a interviste e sponsorizzazioni.

Eric rappresenta la realizzazione del sogno impossibile. Il segno che la vita ti possa portare ovunque, a patto di trovarsi nel luogo giusto nel momento giusto.

E' ovvio che non vedrò mai le Olimpiadi, se non dal televisore.
Ho visto passare il tedoforo a Torino, ed è stata una grande emozione. Ho partecipato alla festa in strada durante le Olimpiadi e le mie gare amatoriali sono delle feste. Celebro così la voglia e la gioia di vivere e di sentirmi bene. In certi momento di endorfina e adrenalina trovo lo spazio per quel Dio in cui ho smesso di credere anni fa. Insomma, mi alleno e gareggio a scopo "spirituale", non certo perchè ambisca a partecipare alle Olimpiadi... però è bello sapere che qualcuno ci è arrivato ed è stato applaudito, quasi per caso.

Non ci sono sogni impossibili.



giovedì 4 dicembre 2014

Correndo a fianco dei Tarahumara e di Emil Zatopek

Torino, 5 dicembre 2014 - Bici 2243.7, Corsa 1345.3, Nuoto 115.2 km

Dicembre, fine della stagione. Tempo di bilanci e propositi per il prossimo anno.

2014: mi sono divertito e questo era l'obiettivo principale. Sono migliorato e mi sento in forma: obiettivo secondario raggiunto.

Continuo ad allenarmi, ma per ora in modo un po' distratto. 

Il prossimo sarà l'anno di Torino Capitale dello Sport e ovunque si annunciano grandi eventi. Si ricominciano così progetti e sogni...

Negli interstizi del tempo, soprattutto quando mi immergo nella vasca da bagno, sto leggendo "Born to Run" di Mc Dougall.
Una lettura perfetta per questa stagione. Un libro consigliato da Angelo, il mio trainer sportivo-spirituale. Leggo e mi sento aiutato a motivare gli allenamenti in una fase pre-natalizia, lontano dalle competizioni.
Il libro mi suggerisce altri punti di vista e sfaccettature della corsa e dello sport in generale. Mi immergo nell'acqua calda della mia microvasca e mi immagino a percorrere assurdi sentieri in canjon messicani, rincorrendo Cavallo Blanco o i mitici tarahumara.
Quando esco a correre, guardo un po' meno il cronometro e idealmente, come cantano Le Luci della Centrale Elettrica, apro "le braccia ad ali di gabbiano". Provo a riassaporare la gioia della corsa fine a se stessa, essenza dell'infanzia. Quando si giocava non esisteva altro passo. Si correva, e basta.
Così scendo in strada e percorro il solito giro dei ponti. Solita frequenza di passo e grosso modo le stesse velocità. Stessa frequenza cardiaca, ma variazione delle frequenza encefaliche, vibranti nelle aree limbiche, quelle ataviche del gioco.

Un libro pieno di citazioni e racconti di eroi sportivi e grandi imprese.

Tra i tanti mi ha colpito la storia di Emil Zatopek, che nella mia totale ignoranza non sapevo chi fosse. Come riporta wikipedia, è stato un atleta cecoslovacco, vincitore di quattro medaglie d'oro e una d'argento ai Giochi olimpici.
Celebre soprattutto per la straordinaria impresa realizzata alle Olimpiadi del 1952 di Helsinki, durante le quali vinse tre medaglie d'oro nell'atletica leggera. Dopo aver primeggiato nei 5000 m e nei 10000 m piani, conquistò la terza medaglia nella maratona, gara in cui decise di competere all'ultimo minuto e che disputava per la prima volta in carriera. In ognuna di queste gare stabilì anche il record olimpico. Insomma, sportivamente parlando, un mostro.

Mi ha colpito però soprattutto per il lato umano, quello che fa salire il campione, sul podio ideale, al gradino del mito.
La smorfia di Zatopek
Era chiamato "locomotiva umana" perchè correndo ansimava, appunto, come un locomotore. Pare poi che avesse uno stile scomposto e poco elegante. Correva con la testa piegata indietro, i gomiti aderenti al corpo e sul viso, sempre, una maschera di dolore. Quando un giornalista gli chiese il motivo di quella smorfia rispose "Sapete, non è ginnastica o pattinaggio artistico... potrei imparare ad avere uno stile migliore solo quando si inizierà a giudicare le gare in base alla bellezza dello stile, ma finchè si tratta di una questione di velocità allora la mia attenzione sarà rivolta a vedere quanto velocemente sono in frado di coprire la distanza".
Dicono poi che amasse chiaccherare durante le gare, e che in questo modo desse involontariamente fastidio ai rivali.



E come tutti gli eroi finì cadendo. Era infatti una figura importante del Partito Comunista, con idee democratiche e non allineate.Pensava come correva, a modo suo. Dopo la Primavera di Praga venne così rimosso dagli incarichi e per punizione costretto a lavorare in una miniera di uranio.

Morì a Praga, all'età di 78 anni, nonostante l'uranio.

Aggiungo così un altro membro alla mia personale squadra di eroi sportivi, immensi e imperfetti.
Le crisi di panico di Franco Bitossi, le orecchie a sventola di Marco Pantani e da adesso lo sbuffare scomposto di Zatopek.