27 gennaio 2014 - bici 147.79, corsa 77.3, nuoto 8.1 km
Oggi al lavoro e anche oggi "dentro" tutto il giorno. Il ginocchio continua a farmi male: mi sono diagnosticato una "sindrome femoro-rotulea". So che dovrei mettermi un po' a riposo, almeno per quanto riguarda la corsa, ma non riesco a stare fermo. Per qualche giorno ho rallentato un po' con un miglioramento notevole del dolore. Ieri ho forzato leggermente e oggi ho nuovamente male scendendo le scale.
Sono passato davanti alla fisiatria e mi sono fatto visitare. Diagnosi confermata, e ginocchio bardato con cerotti vari. Il consiglio poi, sempre lo stesso, di astenersi dalla corsa per un po'.
Per consolazione ripenso ad un'avventura di questa estate. Un'escursione con la bici da corsa con Angelo.
Era da tempo che progettavamo un grande giro, con molti colli e km. Per me un ritorno al passato, al periodo delle gran fondo e per Angelo una nuova sfida.
Da qualche settimana mi studiavo le cartine con google-maps facendo mille ipotesi e poi scartandole per la paura di non farcela.
L'idea originaria era di partire da Pinerolo, arrivare il Val Varaita poi scavalcare l'Agnello, l'Izoard, il Monginevro e tornare a Pinerolo ma i chilometri erano troppi e le ore troppo poche. Un'alternativa era partire da Busca, scavalcare l'Agnello, il Vars e il Colle della Maddalena per tornare a Busca: più o meno lo stesso dislivello ma, ancora, troppi chilometri.
Ci studiavamo vie alternative o spostamenti con le auto, con mille difficoltà logistiche senza pensare alla soluzione più semplice, pratica ed economica: il treno!
Itinerario: in treno fino a Savigliano poi in bici fino all'Agnello, l'Izoard, il Monginevro (o il Colle dela Scala) e arrivo a Ulzio o Bardonecchia a riprendere il treno fino a Torino. Geniale.
Suonai il campanello di Angelo all'alba. Ci trovammo a pedalare nelle vie di Torino deserte. Piazza Castello, Via Roma, Piazza San Carlo.
Faceva caldo ed eravamo emozionati. Angelo aveva un'idea vaga dell'impresa perchè aveva studiato la cartina con meno attenzione. Si fidava di me e faceva male perchè non gli avevo ancora detto a quanto sarebbero ammontati i km finali (185).
Con i biglietti in tasca facemmo una seconda colazione. Chiaccheravamo delle famiglie, dei figli. Angelo mi raccontava del suo matrimonio finito e della sua nuova compagna. Eravamo distratti e per poco non perdemmo il treno.
Dopo aver appeso le bici alle rastrelliere, comunicai al mio compare il numero dei km previsti. Lo vidi impallidire, mi disse di avere una vertigine. Lo rassicurai, dicendogli che fino all'Agnello avremmo avuto la possibilità di tornare sui nostri passi, che "l''Izoard è più facile" e che alla peggio avremmo chiesto a qualcuno di venirci a prendere a Briancon.
Confrontammo l'equipaggiamento: avevo con me uno zainetto minuscolo e dentro un gilet e un antivento. Angelo uno zaino con panini, acqua e altra zavorra.
Ed eccoci, alla stazione di Savigliano.
I primi km in direzione Costigliole Saluzzo, i più duri psicologicamente. Un falso piano verso le montagne con un'ascesa invisibile ma ben percettibile. Sforzo dei 30 km/orari ma velocità al tachimetro pari a 20-25%. Il Monviso era lontano e Angelo avanzava qualche dubbio "non so se ce la farò".
A Venasca prima tappa e primo attacco ai panini, tanto per ridurre la zavorra.
Poi su, per la Val Varaita. Qualche pausa ogni tanto. Chiacchere. L'inseguimento di una ciclista donna (l'onta di farsi superare!), invano.
Ai piedi dell'Agnello, alla sbarra.
Lo affrontavo per la quarta volta e sapevo bene quanto fosse duro. 10 km e qualcosa senza respiro.
Pochi tornanti e nonostante la lentezza (8 km/orari) mi accorgevo di aver seminato Angelo.
Giornata di sole, verdi i prati e il cielo azzurro intenso. Un tornante, un altro, un altro ancora. Il colle in vista che però non arrivava mai.
Mi superava un ciclista, uno di quelli veri. Sembrava passeggiasse, saltellando leggero sui pedali mentre ciondolante, ansimando come una locomotiva di altri tempi, arrancavo sui pedali. All'ultimo tornante una macchina fusa di una famiglia olandese (come poi siano riusciti a farsi venire a prendere da un carro attrezzi e a che costo non so).
In cima con la solita enorme soddisfazione di aver compiuto l'impresa. Un'altra volta l'Agnello! Mi affacciai a scrutare i tornanti sotto: ecco Angelo, un puntino a salire la strada. Il tempo di preparare la macchina fotografica e immortalare le sue ultime pedalate dell'Agnello. Una serie di foto ricordo.
Nel frattempo il ciclista (quello "vero") aveva avuto il tempo di scendere di nuovo al fondo del colle e tornare in cima. Veramente vero.
Era il momento di scegliere: tornare a Savigliano (90 km di ritorno, in discesa) o procedere verso l'Izoard.
"Cosa facciamo?" "Torniamo o continuiamo?". Uno sguardo, e già ci stavamo mettendo addosso l'antivento e, probabilmente perchè ancora galvanizzati dall'aver vinto il primo colle, eravamo in discesa verso la Francia, in direzione Queyras.
Dopo aver pranzato in un bar (un panino), di nuovo sulla strada, verso il colle dell'Izoard. Molto faticoso all'inizio, probabilmente perchè eravamo stanchi, poi più facile. Il monumento a Coppi e Bobet. Una serie di 20enni anglosassoni stremati ai lati e noi, sui 40, a superarli.
Arrivammo in cima nel tardo pomeriggio. Stanchi e soddisfatti. Altre foto.
Ora verso Briancon e poi lì avremmo fatto il punto della situazione (ovvero scegliere se farsi venire a prendere, se fare il Colle della Scala il Monginevro o prendere una corriera).
La discesa dall'Izoard era divertente e toccammo delle discrete velocità.
Cominciavo però a essere un po' in ansia, non tanto in merito alle nostre possibilità di affrontare un terzo colle ma soprattutto per le ore di luce rimaste. Per farcela sapevo che avremmo dovuto muoverci e temevo che più di tanto non potessimo forzare.
Arrivati a Briancon, prima di prendere qualsiasi decisione, pensammo di mangiare qualcosa e idratarci (un litro e mezzo di succo di mela e due banane a testa).
Una telefonata per rassicurare a casa, uno sguardo e via verso l'Italia. L'onta di farsi venire a prendere non era infatti sopportabile.
Considerati i TIR, l'oscurità incipiente, scartammo l'opzione Monginevro e girammo verso il Colle della Scala. Molto pedalabile eccetto gli ultimi 2 km con una pendenza più elevata.
In cima, finalmente... al buio o quasi.
La discesa come fantasmi nella penombra. Esausti ma consapevoli di non dover più fare un metro di salita.
Finalmente a Bardonecchia, il treno alle 22.00 di sera.
Concludendo: 186,86 km, 11 ore e 41 effettive sui pedali, dislivello 3965 metri e tanta soddisfazione.
Agnello - Isoard - Scala 30.07.2013 08:13
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