venerdì 31 gennaio 2014

Sport: una questione di stile!

30 gennaio 2013 - bici 147.79, corsa 91.5, nuoto 10.1 km

Ogni sportivo sceglie il suo stile. Per strada si può vedere di tutto: dal ciclista cibernetico che viaggia su una bicicletta da 100 euro e indossa 1000 euro di abbigliamento supertecnologico, al runner che si trascina ingoldonato in una tuta a traspirazione zero. Di tutto e ancora di più.

In parte è una questione economica, dal momento che non tutti hanno il coraggio di ipotecare la casa per comprare una maglietta intima di ultima generazione, in altra parte tuttavia si tratta di una scelta precisa e ben meditata. Lo sport rappresenta una parentesi nelle nostre vite e ognuno sceglie di indossare la maschera che più gli si addice. E' appunto una parentesi, che quando chiusa, lascia tornare alla vita di tutti i giorni, e che permette di trasformarsi impunemente nel proprio supereroe preferito, in modo però reversibile, senza mettere in gioco la propria reputazione.

Il tecnologico

L'atleta tecnologico indossa un abbigliamento tecnico sempre di ultima generazione. Tutta roba testata nello spazio, dalla NASA. Tessuti in grado di assorbire e far evaporare il mar mediterraneo. In grado di mantenere, disperdere o addirittura generare qualsiasi tipo di calore.
Spende un patrimonio e non è mai soddisfatto perchè ogni giorno viene messo sul mercato un capo nuovo, un tessuto rivoluzionario o qualcosa che rende immediatamente obsoleto ciò che era eccezionale il giorno precedente.
Ha con sè dispositivi elettronici sempre più piccoli, leggeri e ricchi di funzioni. Vi sa dire altimetria, temperatura, tasso di umidità, ascesa, discesa, battito cardiaco, variabilità intervallo RR, velocità media massima minima, però non chiedetegli l'ora perchè prima che trovi l'orologio deve sfogliare tutte le altre funzioni.
Per uscire di casa di mette non meno di due ore, e se scopre di avere il cardio scarico o l'intimo nuovo in lavatrice, non esce proprio e dà di testa.


Il vintage
Ha un armadio di vestiti anteguerra. Porta calzini di spugna anni 80, maglie da cicista da Eroica, il cappellino
con la visiera come Coppi. Non sa cosa sia il contaKm. Ha una bici rigorosamente d'acciao, vecchi tubolari e incostrazioni di mastice nei guanti di cuoio. Quando corre porta con sè un vecchio maglione di lana. Non spende molto e adora girare per i mercatini delle pulci.
Non è noto per le grandi prestazioni perchè sebbene possa avere anche grandi potenzialità è assai bloccato dal suo abbigliamento. D'inverno non esce perchè potrebbe costargli un ricovero per polmonite, se poi piove torna subito a casa, bagnato come un pulcino e con l'odore di un cane bagnato.


La coguara fucsia
Capita che tu stia correndo al Valentino, cercando di chiudere un "lungo", in preparazione della Maratona. Sei alla fine e hai passato il muro dei 30. Totalmente disidratato e in ipoglicemia, non capisci più nulla. Hai sete ma non hai la forza di deviare quei 3 metri e mezzo necessari per arrivare al "Touret" (la fontanella di Torino). Sei lì, praticamente in agonia quando ti appare lei: la Coguara Fucsia. Perfetta nei colori: pantaloni fucsia, maglia attillata fucsia, fascia nei capelli e scarpe... fucsia. Ti stropicci gli occhi pensando a una allucinazione, invano: continua a essere lì. 55-60 anni, non una goccia di sudore, non un capello fuori posto. Corricchia ammiccante, si guarda attorno. Fa parte della tribù delle Coguare sportive, o meglio della coguare a caccia di sportivi. Ha parcheggiato il SUV in sosta vietata, al Castello del Valentino, o è uscita da uno dei Club sparsi lungo il Po.
E' a caccia, e anche la caccia, in fondo è uno sport. Pertanto è una sportiva (sillogismo).
Ti guarda ma si gira da un'altra parte perchè è a caccia, vero, ma di maschi di razza umana e tu, dal trentesimo km in poi, hai perso ogni fattezza umana.


L'alternuso

Si rifiuta di indossare vestiti tecnici, oppure li indossa ma nascosti sotto ai più improbabili indumenti. Generalmente preferisce la mountain bike e di solito preferisce la discesa. A onor del vero in salita non se ne è mai visto nessuno e ci si chiede come faccia a risalire, mistero.
Ha fatto un cross-over delle divise dei movimenti giovanili dello scorso secolo: qualcosa degli hippies, nei capelli qualche nota punk, le camicione del grange, un cappellino con visiera da repper e qualche medaglione.
Fuma sigarette di erba spinellina e scende leggero gli impervi sentieri della Collina. Attraversa le paludi della Panoramica in trip e qualche volta arriva giù, fino al Po, se sopravvive.


Il paladino
Mountain bike biammortizzata da downhill (una moto a cui hanno scordato di inserire il motore). Casco integrale, maschera da sci, protezioni integrali (una sorta di armatura in kevlar). Pesa non meno di due quintali (peso della persona + bici + armatura). Sopra il tutto una maglia da moto cross.
In genere si tratta di ciclisti sovrappeso senza più la forza di procedere in salita e in piano.
Viaggia in tribù e ha sempre con sè un autista con furgone. Il suo ski-lift personale che lo raccoglie in fondo al sentiero e lo riporta in cima.
Punto di ritrovo la chiesetta al colle della Maddalena.


Il soldato

Fa parte di una società podistica o ciclistica e indossa solo la divisa sociale.
Si è così abituati a vederlo girare vestito in questo modo che risulta quasi impossibile riconoscerlo quando è in borghese. Non ama spiccare e si confonde tra i compagni di squadra. E' orgoglioso di appartenere alla propria squadra, sponsorizzata magari da una nota macelleria di zona o da un Bar di criminali. Non gira mai da solo, piuttosto non si allena. Sempre con i compagni, sempre in gruppo, a tirare e farsi tirare.
Ha un armadio di divise, tutte uguali.


Il nudista
Ha nell'armadio una divisa sola: quella estiva. Pantalocini e maglietta (ovviamente smanicata). Estate, mezza stagione, inverno, sole, pioggia o neve: sempre nudo.
Si è nudisti per scelta o necessità. Si tratta di atleti indigenti, masochisti o di ipertiroidei. Non hanno freddo mai. Sono costretti alla velocità e non si possono fermare. Possono infatti mantenere una temperatura di sopravvivenza solo alle massime frequenze cardiache e si possono permettere di passeggiare solo nei mesi estivi. Vanno incontro a due destini differenti: la broncopolmonite o una carriera da professionisti.
Alcuni di loro cambiano poi look dopo la tiroidectomia.


Il fluo
Non gli interessa la prestazione, la velocità. Non gli importa di essere in forma, di aumentare la resistenza, dimagrire o mettere su massa muscolare. Ha un interesse solo: la visibilità.
Vive nel terrore di essere investito e si mette addosso solo roba fluorescente. Lo si può avvistare da chilometri di distanza: giallo fluorescente, lampeggiante con lampade a led.
E' tanto luminoso che spesso viene investito da automobilisti abbagliati.



Ecco alcuni degli stili che si possono vedere per strada. Ora devo decidere a quale gruppo appartenere... non so, certo non a quello delle Coguare.

martedì 28 gennaio 2014

Equipaggiamento: fondamentale un buddista

28 gennaio 2014 - bici 147.79, corsa 77.3, nuoto 10.1 km

L'equipaggiamento è importante.

Ci sono elementi fondamentali e altri accessori. Alcuni utili materialmente, altri indispensabili dal punto di vista psicologico.

Nei fondamentali rientra senz'altro l'abbigliamento, d'estate e ancora di più d'inverno.

La qualità dei pantaloni è importante soprattutto nel ciclismo, dal momento che un buon fondello evita dolori e altre atrocità a livello del "soprasella", ma anche nella corsa dove un paio di pantaloncini tendenti a risalire verso i vostri pertugi o stritolare i gioielli distrae dalla prestazione e fa passare la voglia di proseguire.

Il costume ha la sua rilevanza nel nuoto. Per ora ho la competenza per dire che è necessario metterlo in piscina o al mare (a meno che abbiate una piscina privata o nuotiate in una spiaggia di nudisti).

Importantissimo d'inverno è l'intimo. Una buona maglietta fa la differenza. Ci sono capi che vi lasciano solo umidi (asciutti è un'utopia) e altri che, alla prima pedalata o dopo pochi metri di corsa, vi lasciano da strizzare e pronti a essere sferzati dal gelo.

Poi ci sono particolari che ognuno scopre con l'esperienza e che per ognuno hanno un'importanza differente.
Per quanto mi riguarda, per esempio, non posso fare a meno di un berretto o una bandana, per evitare che il sudore mi coli negli occhi accecandomi, magari mentre scendo ai 60 km/ora da Superga... non è bello.

Le scarpe sono alla base della corsa. Non si possono comprare a caso. Bisogna infatti andare dallo scarpologo e scegliere il paio più adatto (pronatore, neutro eccetera), al fine di evitare la distruzione completa di tutte le articolazioni degli arti inferiori.

E' inutile poi avere una scarpa comoda e ultra-tecnologica se poi si indossano dei calzini da tortura.

Ogni capo d'abbigliamento avrebbe bisogno di un capitolo tutto suo e se continuerò a scrivere in questo folle diario, magari a questo dedicherò qualche pagina.

Poi ci sono gli elementi accessori:

L'elettronica. Ci si può trasformare in veri e propri cyborg. Cardiofrequenzimetro, contaKm, Gopro o analoghe, lampade frontali, GPS. Si può viaggiare lampeggianti di led in stile slitta di Babbo Natale o bippando ansiosamente come un letto di rianimazione.
Tutta roba inutile? Be', dipende dai punti di vista. Forse è solo un'inutile zavorra che alla fine rallenta solo la velocità, ma sicuramente si tratta di dispositivi che aiutano a distrarsi, ad annoiarsi meno negli allenamenti e monitorare con più attenzione il proprio stato fisico. E poi, anche fossero inutili, come scrive Giovanni Storti ("Corro perchè mia mamma mi picchia") è proprio l'inutilità a distinguere l'uomo dagli altri animali.

Oggi però voglio scrivere di quanto sia importante avere un compagno di viaggio buddista.

Nel tempo sono diventato sempre più materialista. Considerata la professione, per salvarmi, non potevo che diventare bigotto o tendente al cinismo. Così cinico e materialista ho costruito le mie difese contro la sofferenza altrui.

L'unico momento spirituale è per me quello dello sport. Attimi di raccoglimento, con qualcosa di metafisico.
Sarà l'effetto degli oppiodi endogeni o la grandezza della strada, delle montagne o del mare, ma di fatto in questi momenti vivo la mia meditazione, una sorta di ascesi (paragonabile al volo di una gallina, s'intende), e identificazione nell'universo. Altrochè acidi!

Bene, in tutto ciò la compagnia di un runner o ciclista buddista dà un suo contributo.

L'Angelo-Buddista porta con sè una positività che rasenta l'incoscienza. Davanti a una salita impossibile, al cartello che dice che Torino è ancora a 50 km, a unadiscesa impossibile in MTB in mezzo al fango, l'Angelo-Buddista esclama "CHE FORTUNA!" o ride follemente. Non si scoraggia e ti aiuta a procedere.

L'Angelo-Buddista è un grande atleta nel fisico e nella mente. Mentre con la lingua esausto strisci per terra, quando stai raschiando il fondo delle tue forze ti stupirà, uscendosene con una frase cosmica, citando il Buddha o qualcosa che lui solo conosce. Così lo ascolti, ti senti parte dell'Universo e in fondo al barile trovi ancora una briciola di forza per finire la salita.

Ancora non so però se l'Angelo-Buddista sia così perchè buddista o perchè pazzo (un po')...

lunedì 27 gennaio 2014

Agnello - Izoard - Colle della Scala

27 gennaio 2014 - bici 147.79, corsa 77.3, nuoto 8.1 km

Oggi al lavoro e anche oggi "dentro" tutto il giorno. Il ginocchio continua a farmi male: mi sono diagnosticato una "sindrome femoro-rotulea". So che dovrei mettermi un po' a riposo, almeno per quanto riguarda la corsa, ma non riesco a stare fermo. Per qualche giorno ho rallentato un po' con un miglioramento notevole del dolore. Ieri ho forzato leggermente e oggi ho nuovamente male scendendo le scale.



Sono passato davanti alla fisiatria e mi sono fatto visitare. Diagnosi confermata, e ginocchio bardato con cerotti vari. Il consiglio poi, sempre lo stesso, di astenersi dalla corsa per un po'.



Per consolazione ripenso ad un'avventura di questa estate. Un'escursione con la bici da corsa con Angelo.

Era da tempo che progettavamo un grande giro, con molti colli e km. Per me un ritorno al passato, al periodo delle gran fondo e per Angelo una nuova sfida.
Da qualche settimana mi studiavo le cartine con google-maps facendo mille ipotesi e poi scartandole per la paura di non farcela.

L'idea originaria era di partire da Pinerolo, arrivare il Val Varaita poi scavalcare l'Agnello, l'Izoard, il Monginevro e tornare a Pinerolo ma i chilometri erano troppi e le ore troppo poche. Un'alternativa era partire da Busca, scavalcare l'Agnello, il Vars e il Colle della Maddalena per tornare a Busca: più o meno lo stesso dislivello ma, ancora, troppi chilometri.

Ci studiavamo vie alternative o spostamenti con le auto, con mille difficoltà logistiche senza pensare alla soluzione più semplice, pratica ed economica: il treno!

Itinerario: in treno fino a Savigliano poi in bici fino all'Agnello, l'Izoard, il Monginevro (o il Colle dela Scala) e arrivo a Ulzio o Bardonecchia a riprendere il treno fino a Torino. Geniale.

Suonai il campanello di Angelo all'alba. Ci trovammo a pedalare nelle vie di Torino deserte. Piazza Castello, Via Roma, Piazza San Carlo.

Faceva caldo ed eravamo emozionati. Angelo aveva un'idea vaga dell'impresa perchè aveva studiato la cartina con meno attenzione. Si fidava di me e faceva male perchè non gli avevo ancora detto a quanto sarebbero ammontati i km finali (185).

Con i biglietti in tasca facemmo una seconda colazione. Chiaccheravamo delle famiglie, dei figli. Angelo mi raccontava del suo matrimonio finito e della sua nuova compagna. Eravamo distratti e per poco non perdemmo il treno.

Dopo aver appeso le bici alle rastrelliere, comunicai al mio compare il numero dei km previsti. Lo vidi impallidire, mi disse di avere una vertigine. Lo rassicurai, dicendogli che fino all'Agnello avremmo avuto la possibilità di tornare sui nostri passi, che "l''Izoard è più facile" e che alla peggio avremmo chiesto a qualcuno di venirci a prendere a Briancon.

Confrontammo l'equipaggiamento: avevo con me uno zainetto minuscolo e dentro un gilet e un antivento. Angelo uno zaino con panini, acqua e altra zavorra.

Ed eccoci, alla stazione di Savigliano.

I primi km in direzione Costigliole Saluzzo, i più duri psicologicamente. Un falso piano verso le montagne con un'ascesa invisibile ma ben percettibile. Sforzo dei 30 km/orari ma velocità al tachimetro pari a 20-25%. Il Monviso era lontano e Angelo avanzava qualche dubbio "non so se ce la farò".

A Venasca prima tappa e primo attacco ai panini, tanto per ridurre la zavorra.

Poi su, per la Val Varaita. Qualche pausa ogni tanto. Chiacchere. L'inseguimento di una ciclista donna (l'onta di farsi superare!), invano.

Ai piedi dell'Agnello, alla sbarra.

Lo affrontavo per la quarta volta e sapevo bene quanto fosse duro. 10 km e qualcosa senza respiro.

Pochi tornanti e nonostante la lentezza (8 km/orari) mi accorgevo di aver seminato Angelo.

Giornata di sole, verdi i prati e il cielo azzurro intenso. Un tornante, un altro, un altro ancora. Il colle in vista che però non arrivava mai.
Mi superava un ciclista, uno di quelli veri. Sembrava passeggiasse, saltellando leggero sui pedali mentre ciondolante, ansimando come una locomotiva di altri tempi, arrancavo sui pedali. All'ultimo tornante una macchina fusa di una famiglia olandese (come poi siano riusciti a farsi venire a prendere da un carro attrezzi e a che costo non so).

In cima con la solita enorme soddisfazione di aver compiuto l'impresa. Un'altra volta l'Agnello! Mi affacciai a scrutare i tornanti sotto: ecco Angelo, un puntino a salire la strada. Il tempo di preparare la macchina fotografica e immortalare le sue ultime pedalate dell'Agnello. Una serie di foto ricordo.

Nel frattempo il ciclista (quello "vero") aveva avuto il tempo di scendere di nuovo al fondo del colle e tornare in cima. Veramente vero.

Era il momento di scegliere: tornare a Savigliano (90 km di ritorno, in discesa) o procedere verso l'Izoard.

"Cosa facciamo?" "Torniamo o continuiamo?". Uno sguardo, e già ci stavamo mettendo addosso l'antivento e, probabilmente perchè ancora galvanizzati dall'aver vinto il primo colle, eravamo in discesa verso la Francia, in direzione Queyras.

Dopo aver pranzato in un bar (un panino), di nuovo sulla strada, verso il colle dell'Izoard. Molto faticoso all'inizio, probabilmente perchè eravamo stanchi, poi più facile. Il monumento a Coppi e Bobet. Una serie di 20enni anglosassoni stremati ai lati e noi, sui 40, a superarli.

Arrivammo in cima nel tardo pomeriggio. Stanchi e soddisfatti. Altre foto.
Ora verso Briancon e poi lì avremmo fatto il punto della situazione (ovvero scegliere se farsi venire a prendere, se fare il Colle della Scala il Monginevro o prendere una corriera).

La discesa dall'Izoard era divertente e toccammo delle discrete velocità.

Cominciavo però a essere un po' in ansia, non tanto in merito alle nostre possibilità di affrontare un terzo colle ma soprattutto per le ore di luce rimaste. Per farcela sapevo che avremmo dovuto muoverci e temevo che più di tanto non potessimo forzare.

Arrivati a Briancon, prima di prendere qualsiasi decisione, pensammo di mangiare qualcosa e idratarci (un litro e mezzo di succo di mela e due banane a testa).

Una telefonata per rassicurare a casa, uno sguardo e via verso l'Italia. L'onta di farsi venire a prendere non era infatti sopportabile.

Considerati i TIR, l'oscurità incipiente, scartammo l'opzione Monginevro e girammo verso il Colle della Scala. Molto pedalabile eccetto gli ultimi 2 km con una pendenza più elevata.

In cima, finalmente... al buio o quasi.

La discesa come fantasmi nella penombra. Esausti ma consapevoli di non dover più fare un metro di salita.

Finalmente a Bardonecchia, il treno alle 22.00 di sera.

Concludendo: 186,86 km, 11 ore e 41 effettive sui pedali, dislivello 3965 metri e tanta soddisfazione.



Agnello - Isoard - Scala 30.07.2013 08:13



sabato 25 gennaio 2014

Giro della Rezza



25 gennaio 2014 - Bici 147.79, Corsa 69.6, Nuoto 8.1 km

Oggi da solo, senza il supporto spiritual buddista, eterno ottimismo, di Angelo, senza lo spiritoso catastrofismo di Roby, le chiaccherate con Emiliano o il conforto della pancia di un gruppo.

Rifaccio il Giro della Rezza, bici (strada), un classico dei miei allenamenti ciclistici in solitaria. 40 km, dislivello di circa 400 metri, 1.28.00 il mio record. Due salite: da Castiglione alla cima della Rezza, molto pedalabile e poi da Chieri ai SUV e le villone di Pino, un po' meno pedalabile.

Mi porto dietro la GoPro perchè voglio filmare la discesa da Pino.

Oggi è un'altra bella giornata di sole, un po' più fredda dei giorni appena trascorsi ma perfetta per un giretto in bici.

Francesca e Marta collassano nel loro riposino pomeridiano e prometto di tornare a casa al loro risveglio.

Parto senza forzare. Arrivo a Castiglione con una media di 29 km orari, a Chieri con i 28. Chiudo il giro a 3 secondi dal mio record personale. Sono soddisfatto perchè siamo solo a gennaio e non ho nemmeno spinto troppo. E' evidente che la corsa e il nuoto sono allenanti anche per la bici. Dal punto di vista cardiovascolare la corsa dà indubbimente la resa migliore (un po' meno per quanto riguarda le articolazioni...).

A Pino mi fermo a sistemare sul casco la telecamera. Prendo un freddo porco perchè sono fradicio. Mi specchio nella vetrina di un ristorante per vedere dove punta l'obbiettivo, accendo e schiaccio il tasto della ripresa: telecamera scarica. Niente ripresa. Pazienza.

Torno a casa, lascio la bici in garage ed entro nel tepore di casa.

Marta e Francesca si sono appena alzate e sono stato puntuale.

Libero 25.01.2014 14:28





giovedì 23 gennaio 2014

Giornata pericolosa

23 gennaio 2014 - bici 107.77, corsa 69.6, nuoto 8.1 km


Oggi lunga giornata di lavoro e niente allenamenti.

Oggi dunque è uno dei giorni "pericolosi", nei quali invece di muovermi faccio progetti, invento imprese e girando in rete mi impegno in follie varie.
Probabilmente è la carenza di endorfine, una vera e propria dipendenza, a portarmi in queste giornate a nuove (piacevoli) complicazioni.

Erano le 4 del mattino di un anno fa ed ero di guardia in pronto soccorso. Ero praticamente alla frutta. Tra un paziente e l'altro davo un'occhiata alla rete e mi iscrivevo da amatore al Triathlon di Andora... senza essere capace a nuotare in modo decente.

Durante una guardia pomeridiana, una domenica, in reparto mi iscrivevo a Torino Triathlon.

Ora, dopo aver corso come un disperato da una parte all'altra dell'ospedale, mi siedo un secondo. Mi programmo gli allenamenti della prossima settimana.

Mi ripeto il calendario agonistico dei prossimi mesi: ad aprile Tuttadritta (10 km, corsa), a maggio Triathlon Sprint di Andora, a giugno Triathlon Medio di Candia (paura), a luglio giro del Monviso (percorso del trail, ma fuori gara con Emiliano)... poi si vedrà (un trail, di nuovo la Turin Marathon, la Corsa da Re, Corritorino, la gara sociale dei Ronchiverdi, il giro dell'isola di Bergeggi, perchè no, anche una granfondo in mtb...).

Vorrei avere delle giornate di 36 ore. Poter stare a casa con mia moglie e mia figlia, lavorare e avanzare del tempo per correre, nuotare, pedalare.

Be', il tempo di scrivere due cretinate ed è ora che vada a fare altro. Sono passati 5 minuti e sono riuscito a non iscrivermi ad altro o a programmare un'escursione con gli amici.

mercoledì 22 gennaio 2014

Oggi annegare

22 gennaio 2014 (bici 107.77, corsa 69.6, nuoto 6.4 km)

Già, oggi previsto allenamento di nuoto.


Annegare perchè dei tre è lo sport in cui faccio più fatica.
Ho cominciato ad allenarmi un anno fa, da autodidatta. Sono migliorato un po', poi ho raggiunto un plateau. Mi sono fatto dare qualche dritta da un istruttore e ora mi sembra di migliorare di nuovo.

Che fatica, però.

Questo pomeriggio seguirò la solita tabella: metà esercizio e metà resistenza.

Mi aspetta la "piramide", nome del supplizio: ripetute prima di 50, poi 100, poi 150, poi 200, poi 250 mt, 200, 150, 100, 50 metri. Pause di 40 secondi. Più che una piramide mi sembra una montagna.


martedì 21 gennaio 2014

Fare i fanghi in MTB


E per completare l'opera di oggi... in MTB con Roby, a fare i fanghi.

Dopo 5 giorni di pioggia torrenziale, una specie di diluvio universale, una giornata di sole spettacolare. Sembrava un giorno di primavera.

Abbiamo ascoltato il consiglio di Angelo e scelto di salire per una mitica stradina "pedalabile, tranquilla" che, diceva, "vi porterà facilmente fino a Superga". In realtà 400 metri di dislivello con le bici sulle spalle, su un sentiero che nemmeno un mulo avrebbe la forza di affrontare. Morale: mai ascoltare i consigli di un amico che non può venire a pedalare con voi.

Poi su a Superga, bella, bellissima come sempre. Una meringona sul tetto di Torino. Lontane e bianche le montagne. Uno spettacolo davvero.

Poi verso la Panoramica. Giù per la mitica "Cambogia" (sentiero così soprannominato per le persistenti paludi). Oggi la Cambogia pareva più Atlandide e per attraversare certe zone sarebbero state utili le bombole.

Su alla Maddalena e giù per la pista da downhill vicino alla chiesetta. Da infarto. Soprattutto non mi spiego il significato di un trampolino di legno proiettato nel vuoto. Forse un invito al suicidio. Ovviamente ci sono passato vicino e nemmeno tanto vicino.

A Torino al calare della sera.

Poi a fare il bucato in un autolavaggio, scarpe comprese.

Una bella giornata.






Per dettagli: Libero 21.01.2014 14:07

Gennaio: inizio stagione, inizio il blog

21 gennaio 2014

bici km 73,47 - corsa km 69,7 - nuoto km 6,4

Questa mattina corsetta con Angelo.

Dopo una serie di letture in comune (ultimo "Corro perchè mia mamma mi picchia" di Giovanni Storti), gasatissimi ci eravamo programmati un trail collinare.

"Saliamo dalla 29, scendiamo dalla 26. Portiamo i bastoncini"

Alla fine per poco non prendiamo il 29, inteso come bus di linea, e il bastone per rimediare alla zoppia...

Ieri sera pieni di aspettative ci siamo sentiti per i dettagli e ci siamo scoperti pieni di acciacchi: Angelo con una contrattura a un polpaccio ed io con un'infiammazione di una cartillagine del ginocchio destro.
Il nostro trail si è così trasformato in un giretto "senza forzare" fino a San Mauro. 15 km circa di pianura.

Bella giornata di sole, partiamo alla 9.00 dal mitico Bar Simone.
Roby, il barista, ci prepara il caffè e mi dà appuntamento per un giro in mountain bike, questo pomeriggio. Sta per diventare padre e mi sembra più disorientato del solito. Speriamo che questo pomeriggio non voglia tentare un suicidio nel fango...

Si parte chiaccherando a velocità lenta (6 min/km).

Il ginocchio mi dà un po' fastidio, ma è tollerabile. So che dovrei stare fermo qualche giorno, ma non ci riesco, non posso proprio.

Fino a San Mauro tutto bene poi il polpaccio di Angelo esplode e ci si deve fermare.

Continuiamo a camminare fino a casa... promettendoci di rifarci al più presto. Chiudiamo con 8.7 km circa.